In the criminal trial in the Vatican, Fabrizio Tirabassi was questioned today for the second time.

Diciannovesima udienza per il processo Sloane Avenue. Questa mattina oltre Tevere è stato interrogato, per la seconda volta, Fabrizio Tirabassi. Già nella prima parte dell’interrogatorio, l’ex dipendente della Santa Sede aveva chiarito l’ipotesi Mosquito e le iniziative di Enrico Crasso.

Momenti di tensione si sono registrati anche nell’udienza odierna, diverse volte è intervenuto il Presidente Giuseppe Pignatone. La difesa di Tirabassi ha contestato il metodo utilizzato da Alessandro Diddì nell’interrogare gli imputati. L’avvocato romano infatti non ha ben capito come funziona l’ordinamento vaticano e continua a fare domande non pertinenti. Oltre Tevere è divenuto lo zimbello di cardinali e vescovi che ridono (anche se ci sarebbe da piangere) nell’apprendere le figuracce che fa in aula. Oggi Tirabassi ha riferito al Collegio: “Io sono stato solo uno strumento: il mandatario della Santa Sede a Londra era Gianluigi Torzi”. Ha anche ribadito con convinzione che fu Perlasca a spingere per terminare l’affare e portarlo a compimento. L’ex dipendente della Santa Sede ha spiegato al Promotore di Giustizia che “fu Raffaele Mincione a proporre l’acquisto dell’immobile come opportuno investimento. Il cardinale Becciu autorizzò ad andare avanti”. In merito a chi introdusse Mincione, Tirabassi ha detto che “fu Enrico Crasso ad introdurre Raffaele Mincione per l’operazione, fatta poi attraverso il Credit Swisse”. Gli è stato anche chiesto per quale motivo fu fatto un mutuo così elevato per l’acquisto dell’immobile di Londra, “Era nell’autonomia del gestore”, cioè di Raffaele Mincione, ha risposto l’imputato.

“Per parte mia io consigliai a mons. Perlasca di dare in mano tutta la situazione agli avvocati. Però in quel periodo la situazione era in evoluzione, c’era una combinazione favorevole con la Brexit, e questo attenuava i problemi. Il palazzo si era rivalutato. Perlasca di questo aspetto non parlò mai ai superiori” ha spiegato. Anche Tirabassi ha confermato quanto sostenuto dal Cardinale Giovanni Angelo Becciu, ovvero che la Segreteria di Stato non era tenuta a sottoporre il dossier alla valutazione della Segreteria per l’Economia. Oggi è stato ribadito dall’interrogato che “Con Mons. Perlasca c’era un clima teso, volto a confondere le acque”. Questo a conferma del fatto che colui che si costituisce oggi parte civile è in realtà colui che ha reso possibile questo disastro finanziario. Quando gli è stato chiesto delle mille azioni con diritto di voto di Gianluigi Torzi, ha riferito: “Non ci rendemmo conto della diversità delle azioni: mi dissero che servivano Torzi come amministratore del Palazzo di Londra e anche come compenso. Mons. Perlasca ha firmato questo accordo”.

Non essendo terminato l’interrogatorio, Tirabassi sarà sentito anche il 6 giugno.

Pubblichiamo qui sotto l’ordinanza del Tribunale Vaticano che ammette la costituzione di parte civile di Mons. Alberto Perlasca solo nei confronti del Cardinale Angelo Becciu. Pur non concependo che Perlasca, il quale risulta dalle testimonianze il responsabile di questo affaire, si costituisca parte civile; non possiamo che condividere le argomentazioni della Corte che tiene a puntualizzare alcune questioni di diritto fondamentali nello S.C.V. Inutile sottolineare che la difesa del Cardinale Angelo Becciu avrebbe dovuto presentare in tempo l’opposizione e purtroppo non lo ha fatto. Già questo avrebbe permesso al tribunale di non tener conto delle argomentazioni fatte. Il tribunale però va oltre e smonta, a ragione, diverse argomentazioni. Lo abbiamo sempre detto e lo ripetiamo, è fondamentale conoscere l’ordinamento in cui si esercita, non si può pensare di difendere degli imputati senza avere cognizione della normativa procedural penale dello Stato in cui vengono processati.

S.I.

Silere non possum

Ordinanza del Tribunale - Mons. Perlasca parte civile