Il caso Rupnik ha tutte le caratteristiche del caso Maciel. Denaro e adepti continuano a proteggere il gesuita sloveno.

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Il 21 febbraio 2023, la Compagnia di Gesù ha reso noto un comunicato con il quale ha tentato di fare chiarezza su quanto sta accadendo in merito alla vicenda di Marko Ivan Rupnik.

Nell'intervento, padre Johan Verschueren ha scritto: "i fatti narrati riguardano periodi diversi (Comunità Loyola, persone singole che si dichiarano abusate in coscienza, spiritualmente, psicologicamente o molestate sessualmente durante personali esperienze di relazione con padre Rupnik, persone che hanno fatto parte del Centro Aletti)".  Ed ha aggiunto: "il grado di credibilità di quanto denunciato o testimoniato sembra essere molto alto". 

Papa Francesco si è tirato fuori dalla questione per non rovinare l'immagine che, a fatica, la stampa gli ha creato in questi 10 anni. In un'intervista resa a gennaio alla giornalista Nicole Winfield per Associated Press, Bergoglio disse: "Per me è stata una sorpresa, davvero. Questo, una persona, un artista di questo livello, per me è stata una grande sorpresa e una ferita". Il Pontefice, però, ha chiaramente mentito. Sono diversi i presbiteri e vescovi che riferiscono che Francesco era al corrente anche dei singoli atti contenuti all'interno del fascicolo che si trova presso il Dicastero della dottrina della Fede. 

Ad un vescovo che il Papa ha mandato via dal Vicariato di Roma, convocato a metà gennaio 2023, Bergoglio ha raccontato, per filo e per segno, dettagli che poi le consacrate hanno scelto di affidare alla stampa solo settimane dopo.

Ad alcuni sacerdoti e vescovi, già nel 2021 Francesco chiese particolari sulla vita di Marko Ivan Rupnik. Il Papa, quindi, non ha alcuna intenzione di tornare indietro rispetto alle sue decisioni e, nelle scorse settimane, ha cercato la sponda di Borgo Santo Spirito per poter uscire indenne da questa vicenda.

"Sacrifichiamo uno per chiudere tutto"

Padre Verschueren scriveva: "Se dalla raccolta delle prime informazioni non si riscontra l'obbligo di consegnare il dossier al DDF, il Superiore Maggiore del gesuita accusato può verificare se nelle denunce e nelle testimonianze vi siano elementi che riguardano direttamente la vita religiosa e i voti religiosi, o se la buona reputazione dell'ordine religioso e della Chiesa sia stata compromessa dal comportamento del gesuita in questione, e se alcuni fedeli abbiano subito qualche forma di abuso e danno. In ogni modo il denunciato è invitato per un colloquio sulle accuse con il suo Superiore Maggiore (o con le persone delegate da lui per farlo in suo nome)".

Come aveva riferito a Silere non possum un gesuita che vive a Borgo Santo Spirito, la Compagnia voleva da subito liberarsi del problema ma, qualcuno, a Santa Marta aveva frenato tutto. A dicembre avevamo rivelato che dal fascicolo emergeva un coinvolgimento di alcune persone che, non solo erano legate, ma erano praticamente adepti del gesuita sloveno.

Quando, nel 2020, si dovette decidere in merito alla scomunica, segretario della Congregazione era l'Arcivescovo Giacomo Morandi, il quale si è formato nel Centro Aletti ed è molto legato a Rupnik. Seppur qualcuno negli scorsi mesi abbia tentato di far passare la velina che "Morandi fu cacciato dalla CDF perchè coprì Rupnik", questa affermazione è falsa ed è stata pronunciata da fedeli esecutori di Santa Marta.

Le giornaliste dietrologhe si mettano l'anima in pace: Morandi non è stato inviato a Reggio Emilia - Guastalla, né perchè ha firmato il responum sulle coppie omosessuali né per il caso Rupnik.

Certo, queste persone hanno collaborato ad un'opera di convincimento del Papa, ma la scelta è stata presa personalmente da Francesco: "Revochiamo la scomunica". Al Pontefice, però, arrivarono numerose parole in difesa di Rupnik. Silere non possum ha da subito avuto la disponibilità del fascicolo ed emerge chiaramente come la scomunica sia stata revocata da Francesco in persona.

Ma chi lo ha difeso davanti al Papa? Non dimentichiamo che Rupnik ha formato una serie di soggetti che hanno creato non pochi problemi a questo Stato e alla Chiesa in generale. Fra i tanti spiccano: Dario Edoardo Viganò, noto per i taglia e cuci di lettere e traffici vari e Natasa Govekar, la quale ora è stata inserita alla direzione teologico-pastorale del Dicastero per la Comunicazione.

Tutti si spesero per riferire che si trattava di "vendetta" da parte di alcune consacrate.

Seppur nessuna decisione è stata presa, nelle scorse ore qualcuno ha passato alla stampa una notizia che è solo una idea in cui spera qualcuno. Difatti, per evitare che la Santa Sede metta mano al Centro Aletti, qualcuno ha proposto (specifichiamo proposto) che venisse "fatto fuori" Rupnik in modo da lasciare il Centro Aletti fuori da questa questione.

Far fuori significherebbe banalmente ridurre allo stato laicale il gesuita Marko Rupnik.

Il problema sta alla radice

In questi anni la Chiesa ha perso credibilità per quanto riguarda i propri organi giudiziari. Non parliamo di ciò che dicono i giornaletti, pura carta straccia, ma parliamo di ciò che pensano i presbiteri, i vescovi e i cardinali. L'opinione comune è che, con il pontificato di Francesco, il diritto viene costantemente calpestato e non esiste alcuna certezza. Se a pensarlo è chi ama la Chiesa e la serve da una vita, qualche domanda forse bisogna farsela.

Per questo motivo, non si può pensare di ridurre allo stato laicale un presbitero senza un processo canonico che garantisca tutti i diritti di difesa e metta, nero su bianco, quali sono le accuse che gli vengono mosse. Questo non vale solo per Marko Rupnik ma per qualunque sacerdote. Forse ci stiamo dimenticando che stiamo parlando di un sacramento che non viene cancellato a piacimento del Papa di turno. Quando si viene ordinati, si è sacerdoti per sempre. La Chiesa, lo precisiamo, dimettendo dallo stato clericale semplicemente proibisce di esercitare e dispensa dagli obblighi derivanti dall'ordinazione.

Sinceramente, non crediamo che a Rupnik, al momento attuale, non importerà granché di questa decisione, qualora venisse adottata. La comunione con la Chiesa non è certo ciò che ha caratterizzato il suo operato in questi anni. Ciò che deve preoccupare, però, è lo status in cui si trova il Centro Aletti. Realtà nella quale, lo ha scritto lo stesso Verschueren, sarebbero avvenuti questi abusi.

Chi decise in merito a Rupnik?

Il caso di Marko Ivan Rupnik è emblematico di questo pontificato. A dicembre abbiamo scritto: "il caso Rupnik è il caso Maciel del pontificato di Francesco". Le dinamiche, infatti, sono le medesime che denunciò il cardinale Joseph Ratzinger quando tornò nel suo ufficio della Congregazione per la Dottrina della Fede deluso perchè Giovanni Paolo II non voleva avviare procedimenti contro Marcial Maciel Degollado.

In quella vicenda giocarono un ruolo importantissimo le amicizie e il denaro. Il denaro. Nel caso di Rupnik troviamo le medesime problematiche e le medesime dinamiche. Se qualcuno ha pensato di avanzare la richiesta di non toccare il Centro Aletti, dovrebbe far svegliare qualche coscienza. Se, quando si celebrò il processo a Rupnik nel 2020, all'interno della Congregazione vi era Giacomo Morandi, questo non era l'unico che ebbe sotto mano il caso.

Dal 2018, infatti, all'interno del Dicastero per la Dottrina della Fede, come consultore, vi è Michelina Tenace, nota "teologa" appartenente al Centro Aletti e insegnante presso l'Università Gregoriana.

In questi mesi al Centro Aletti il clima è terribilmente pesante. Tutti coloro che fanno parte dell'equipe si sono stretti attorno a Marko Rupnik e hanno riferito che si tratta di una persecuzione, simile a quella che la Chiesa ha fatto contro i suoi più grandi santi. Addirittura, al nome del gesuita sloveno è stato accostato quello del santo cappuccino di pietralcina. Non scriviamo gli epiteti con i quali è stato appellato il proposito dei gesuiti o il vescovo ausiliare del settore centro ma le registrazioni di queste "gentili parole" possono parlare da sé. L'atteggiamento è chiaramente quello delle realtà settarie ed anche le questioni economico finanziarie, all'interno del Centro Aletti, non sono chiare.

Il disprezzo della Chiesa

È chiaro che stanno emergendo tutti i problemi della teologia di Marko Ivan Rupnik e del Centro Aletti. In particolare, è evidente il disprezzo della Chiesa come istituzione gerarchica. Padre Verschueren lo ha scritto: Rupnik si è rifiutato di dare risposte all'Ordine religioso di cui è ancora parte.

Domenica 05 marzo 2023 Silere non possum ha reso noto cheil gesuita sloveno aveva avuto l'ardire di concelebrare la Santa Messa nella Basilica di Santa Prassede.

Incurante dei provvedimenti ecclesiastici che glielo vietano. Il problema, infatti, non è relegato alle accuse che possono essere vere o non vere.

Chi continua a difendere Rupnik deve svegliarsi dal torpore in cui vive e iniziare a concentrarsi su questo. Non si tratta di giudicare fatti di cui si deve occupare il Tribunale Ecclesiastico competente. Mentre per gli abusi spirituali o sessuali sulle consacrate servirà tempo per capire, l'abuso di potere è evidente. L'autorità ecclesiastica impone un provvedimento e Rupnik se ne frega.

A seguito del nostro articolo , il vescovo Daniele Libanori è dovuto intervenire e ha chiesto di essere informato immediatamente se il gesuita sloveno si fosse presentato nuovamente. Se Rupnik era sull'altare, quella domenica, non è stato solo il suo ego a guidarlo ma tutta la comunità del Centro Aletti lo ha permesso e lo ha ritenuto giusto. Per questo motivo è necessario intervenire su questa realtà a tutela di quelle persone che ne fanno parte e sono chiaramente plagiate.

L'atteggiamento del Centro Aletti ha richiamato anche l'attenzione dei vertici della Congregazione vallombrosana che ha chiesto espressamente di ricercare un altro luogo dove celebrare la loro Messa domenicale.

Se questa premura pastorale non sarà utilizzata nei confronti di questa realtà, il pontificato di Francesco potrà considerarsi destituito di qualunque credibilità. In un momento in cui vengono commissariate moltissime realtà, sopratutto monastiche, con particolare attenzione ai loro beni economici, l'inerzia nei confronti di una realtà del genere non passerà affatto inosservata. Il sistema due pesi e due misure, rischierà di far cadere qualunque remora di rispetto verso la Sede Apostolica e verso il Pontefice. Nessuno, a quel punto, si potrà stupire se una badessa o un abate terrà chiusa la porta del proprio monastero e non ammettere ingerenza alcuna. Del resto lo ha ricordato Papa Francesco parlando della lettera di Paolo ai Galati: siamo tutti uguali in Cristo Gesù.

S.I.

Silere non possum