Casta meretrix la chiamava Ambrogio. La Chiesa di Francesco sembra aver dimenticato il volto misericordioso, anche con Bianchi si preferisce colpire senza spiegare.

Molti avranno sentito parlare della vicenda di Bose. 

Innanzitutto cos’è Bose? 

La comunità nasce l’8 dicembre 1965, giorno in cui si chiudeva il Concilio Vaticano II, quando Enzo Bianchi decise di iniziare a vivere, solo, in una casa affittata presso le cascine di Bose, una frazione del comune di Magnano. I primi confratelli giunsero tre anni dopo, e fra essi arrivarono anche una donna e un pastore protestante.

Il cardinale Pellegrino, arcivescovo di Torino, approvò la regola monastica il 22 aprile 1973 in occasione delle professioni dei primi sette fratelli. Il vescovo di Biella Gabriele Mana il 29 giugno 2010 ha confermato l’acquisizione della personalità giuridica canonica, conferita nel 2000 dal suo predecessore Massimo Giustetti, e approvato alcune modifiche allo statuto con l’annessa regola monastica. Nel 2016 alla Comunità viene assegnato il premio Heufelder per «il molteplice impegno a favore di un riavvicinamento tra le Chiese d’oriente e d’occidente»L’11 novembre 2018, in occasione del 50º anniversario dell’inizio della vita comune, papa Francesco invia una lettera al fondatore Fr.Enzo Bianchi definendo la comunità monastica «una feconda presenza nella Chiesa e nella società». Dal 13 al 19 novembre 2018 si è svolto l’incontro ecumenico cattolico-ortodosso sul documento congiunto Primato e sinodalità nel secondo millennio e oggi, alla presenza del cardinale Karl Koch e dall’arcivescovo Job di Telmessos, rappresentante del Patriarcato Ecumenico presso il Consiglio Ecumenico delle Chiese. La comunità era composta da circa ottanta persone, uomini e donne, alcuni dei quali protestanti e ortodossi, cinque presbiteri e un pastore. Oltre alla sede principale e originaria, la comunità si è diffusa anche in altre località con sue fraternità: Gerusalemme, Ostuni, Assisi, Cellole di San Gimignano e Civitella San Paolo.

Le dimissioni del fondatore

Il 26 dicembre 2016 Fra Enzo Bianchi ha dato le Sue dimissioni innanzi alla comunità di Bose, da lui fondata nel 1965. Il 26 gennaio 2017 le ha rese pubbliche insieme alla notizia dell’elezione del nuovo Priore, Fr. Luciano Manicardi il quale scrisse ai fedeli vicini a Bose:

“Sono cosciente che una persona come Fr. Enzo Bianchi non ha successore, sono cosciente del significato che la nostra comunità rappresenta per il cammino di fede di tanti credenti, sono cosciente del servizio a diverse chiese cristiane che da anni la nostra comunità svolge in vista della ricerca dell’unità voluta dal Signore, sono cosciente del debito che abbiamo nei confronti della tradizione monastica e di tanti monasteri conosciuti e incontrati da Enzo anzitutto, ma anche dai fratelli e dalle sorelle della comunità, sono cosciente del lavoro di ascolto e della simpatia creatasi con tanti uomini e donne non credenti in vista di una ricerca comune di una modalità sempre più umana e umanizzata di abitare il mondo che la nostra comprensione evangelica ci ha suggerito.” 

Tutto sembrava andare per il meglio, anche Fr. Enzo disse al Fatto Quotidiano il 27 gennaio 2017: “Giovedì mattina, al primo incontro, è stato nominato priore Luciano Manicardi con una maggioranza dei due terzi mostrando un’unità nel corpo della comunità, un’unanimità e il segno di continuità visto che da dieci anni era il mio vice. Il tutto è avvenuto in un clima di grande pace”.

Bianchi diceva anche di aver dato un ultimo monito ai suoi monaci: “Siate umani! Se saranno umani saranno anche dei buoni monaci”. Rileggendo queste parole, oggi non sembra abbiano recepito l’invito.  

Il 12 gennaio 2019 il Papa ha ricevuto in udienza fratel Enzo Bianchi, che gli ha portato in dono l’icona «La Santa Comunione» raffigurante un giovane monaco che porta sulle spalle un anziano.

La visita apostolica

Nel dicembre 2019, con un comunicato, la comunità di Bose rende noto che

“dal 6 dicembre 2019, il Rev.do P. Guillermo León Arboleda Tamayo, osb, Abate Presidente della Congregazione Benedettina Sublacense-Cassinese, il Rev.do P. Amedeo Cencini, FdCC, Consultore della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita apostolica, e la Rev.da M. Anne-Emmanuelle Devêche ocso, Abbadessa di Blauvac, stanno compiendo una visita alla nostra Comunità monastica di Bosenel momento di un passaggio che non può non essere delicato e per certi aspetti problematico per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità, la gestione del governo e il clima fraterno.”

La visita apostolica a Bose si è svolta  dal 6 dicembre 2019 al 6 gennaio 2020 e, al termine “i visitatori hanno consegnato alla Santa Sede la loro relazione, elaborata sulla base del contributo delle testimonianze liberamente rese da ciascun membro della Comunità”.

Un metodo, quello utilizzato nei comunicati, molto “ecclesiastico”, come amiamo chiamarlo noi. Ovvero, velato da quel detto e non detto che però fa comprendere, ai più avvezzi, cosa c’è sotto.  In queste due righe l’unica cosa che si comprende è che questi 3 emissari hanno ascoltato ciò che avevano da dire solo coloro che tale intervento lo hanno chiesto. E spesso all’interno di Santa Romana Chiesa, coloro che decidono di contrapporsi ad un certo dictat, vengono subito etichettati come “nemici” e non vi è necessità di ascoltarli. Pertanto alla Segreteria di Stato è stata consegnata una relazione con una “campana”, come volgarmente si dice. Ci aspetteremmo che qualcuno dicesse: “Sentiamo cosa ha da dire Enzo Bianchi?”. No, non c’è bisogno.

Questo  modus agendi stupisce? Sì, stupisce sopratutto per due motivi.

Il primo è il grande eco mediatico che ha la “misericordia” di Papa Francesco e del Suo nuovo governo. Per mesi, anni, abbiamo sentito i quotidiani propinarci la pappardella della misericordia. Addirittura un anno della misericordia è stato indetto e si sono perdonati oves boves et universa pecora. Il secondo motivo è che nella commissione è stato nominato il delegato pontificio nella persona di Padre Amedeo Cencini. Questo religioso ha alle spalle degli studi, così sembra, di psicologia.

L’allontanamento del Fondatore 

Come afferma lo stesso Manicardi, in un comunicato del 26 maggio 2020, al termine della visita apostolica

«dopo prolungato e attento discernimento e preghiera, la Santa Sede è giunta a delle conclusioni – sotto forma di un decreto singolare del 13 maggio 2020, a firma del Card. Pietro Parolin, Segretario di Stato di Sua Santità e approvato in forma specifica dal Papa – che sono state comunicate agli interessati alcuni giorni fa dal Rev.do P. Amedeo Cencini, nominato Delegato Pontificio ad nutum Sanctae Sedis, con pieni poteri, accompagnato da S.E. Mons. José Rodriguez Carballo, OFM, Segretario della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, e da SE Mons. Marco Arnolfo, Arcivescovo Metropolita di Vercelli.

Tale comunicazione è avvenuta nel massimo rispetto possibile del diritto alla riservatezza degli interessati. Poiché, tuttavia, a partire dalla notifica del decreto, l’annunciato rifiuto dei provvedimenti da parte di alcuni destinatari ha determinato una situazione di confusione e disagio ulteriori, si ritiene necessario precisare che i provvedimenti di cui sopra riguardano Fr. Enzo Bianchi, Fr. Goffredo Boselli, Fr. Lino Breda e Sr. Antonella Casiraghi, i quali dovranno separarsi dalla Comunità Monastica di Bose e trasferirsi in altro luogo, decadendo da tutti gli incarichi attualmente detenuti.»

Ora ci domandiamo: “Possibile che un esperto in psicologia ed un Papa che parlano di misericordia e perdono, possono prendere un uomo di 78 anni e sbatterlo fuori da un mondo che si è costruito per tutta la vita?”. 

 

Il decreto approvato in forma specifica

Inoltre, è possibile che tali decisioni vengano prese con un decreto approvato in forma specifica dal Pontefice? Per tutti quei vaticanisti e fedeli figli dei fiori, i quali continuano a sostenere che il Papa sia male informato e vittima di un sistema, facciamo un breve richiamo al diritto canonico senza voler tediare gli inesperti ma al fine di rendere chiaro cosa significhi tale particolarità. 

L’approvazione di un decreto in forma specifica, ha radici profonde e controverse, e nel tempo questa modalità è sempre stata utilizzata in modo da non permettere impugnazioni presso la Segnatura Apostolica. Ultimamente, sopratutto dal 2013, questi provvedimenti sono presi al solo fine di impedire dei procedimenti veri e propri che quindi porterebbero a disquisire delle questioni innanzi a dei giudici della Segnatura. 

E sia ben chiaro, tutti dobbiamo essere consapevoli che lo Stato della Città del Vaticano è una monarchia assoluta, ma questo non significa che nel 2020 queste forme di governo debbano violare le regole base del giusto processo. 

Questa forma particolare prevista dall’art. 126 del Regolamento Generale della Curia Romana, prevede che il Pontefice apponga in calce al provvedimento la dicitura: “in forma specifica approbavit” ma sopratutto che “il fascicolo relativo deve essere lasciato al Sommo Pontefice, in modo che Egli lo possa esaminare personalmente e comunicare in seguito la Sua decisione nel modo ritenuto opportuno”.

Pertanto, tutti coloro che ritengono il Papa sia vittima di un complotto, possono mettersi l’anima in pace. Francesco ha sotto mano il fascicolo e aveva tutte le possibilità di prendere in mano la cornetta (cosa che spesso fa per questioni molto meno rilevanti) e chiamare Bianchi convocandolo per chiarimenti. 

L’appello di Enzo Bianchi

Bianchi rompe il silenzio e il 27 maggio 2020 dice:

«La visita apostolica condotta da tre visitatori ha avuto nei giorni scorsi il suo esito e le sue conclusioni. Io, fra Enzo Bianchi, il fondatore, suor Antonella Casiraghi, già sorella responsabile generale, fra Lino Breda, segretario della comunità, e fra Goffredo Boselli, responsabile della liturgia, siamo stati invitati a lasciare temporaneamente la comunità e ad andare a vivere altrove. In questi due ultimi anni, durante i quali volutamente sono stato più assente che presente in comunità, soprattutto vivendo nel mio eremo, ho sofferto di non poter più dare il mio legittimo contributo come fondatore. In quanto fondatore, oltre tre anni fa ho dato liberamente le dimissioni da priore, ma comprendo che la mia presenza possa essere stata un problema». Mai però «ho contestato con parole e fatti l’autorità del legittimo priore Luciano Manicardi – tiene a precisare – un mio collaboratore stretto per più di vent’anni, quale maestro dei novizi e vice priore della comunità, che ha condiviso con me in piena comunione decisioni e responsabilità. In questa situazione, per me come per tutti, molto dolorosa, chiedo che la Santa Sede ci aiuti e, se abbiamo fatto qualcosa che contrasta la comunione, ci venga detto. Da parte nostra, nel pentimento siamo disposti a chiedere e a dare misericordia. Nella sofferenza e nella prova abbiamo altresì chiesto e chiediamo che la comunità sia aiutata in un cammino di riconciliazione»

La battaglia continua

Interessante poi quanto afferma Manicardi: “Tale comunicazione è avvenuta nel massimo rispetto possibile del diritto alla riservatezza degli interessati”. Sì, non abbiamo dubbi che sia stata rispettata la riservatezza degli interessati, almeno fino a quando vi ha fatto comodo, ma non sembra sia rispettato il diritto di difesa di questi soggetti, il quale pare molto più importante. 

Durante tutto questo periodo, Fr. Enzo Bianchi tace e continua la sua battaglia silenziosa al fine di conservare la sua dignità ma non tradire il suo intento di obbedire, consapevole che la croce bisogna portarla anche quando diviene pesante. 

Da Bose però parte un ulteriore comunicato:

«All’indomani della solennità della Pentecoste, la Comunità di Bose ha accolto la notizia che il suo fondatore, fr. Enzo Bianchi, assieme a fr. Goffredo Boselli e a sr. Antonella Casiraghi hanno dichiarato di accettare, seppure in spirito di sofferta obbedienza, tutte le disposizioni contenute nel Decreto della Santa Sede del 13 maggio 2020. Fr. Lino Breda l’aveva dichiarato immediatamente, al momento stesso della notifica.

A partire dai prossimi giorni, dunque, per il tempo indicato nelle disposizioni, essi vivranno come fratelli e sorella della Comunità in luoghi distinti da Bose e dalle sue Fraternità.»

Tutta la comunità dei fedeli quindi è portata a credere che Bianchi ha accettato quanto imposto da Roma. 

 

La richiesta di trasferimento nella diocesi di Volterra

L’8 febbraio 2021, il delegato pontificio emette un comunicato, in cui afferma: 

«Allo scopo di eseguire il Decreto singolare, del 13 maggio 2020, a firma dell’Em.mo Cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, e approvato in forma specifica dal Sommo Pontefice Francesco, con il quale, per i gravi motivi comunicati in via riservata ai singoli destinatari, si disponeva, tra l’altro, che Fr. Enzo Bianchi si ritirasse dalla Comunità Monastica di Bose entro e non oltre il termine di dieci giorni dalla data di notifica del medesimo Decreto (avvenuta il 21 maggio 2020) e si trasferisse per un tempo indeterminato e senza soluzione di continuità, in un Monastero o altro luogo; trascorsi ormai più di otto mesi dalla data in cui Fr. Enzo Bianchi avrebbe dovuto eseguire quanto disposto dal Decreto, che aveva accettato per iscritto; dopo non pochi tentativi volti a rendere più agevole a Fr. Enzo Bianchi l’obbedienza al Decreto, operati dal Delegato Pontificio, in forza del mandato ricevuto dalla Santa Sede, tenendo conto delle esigenze da lui espresse, nel rispetto della giustizia e, soprattutto, della sofferenza di tutte le persone coinvolte; 

lo scorso 4 gennaio 2021 il Delegato Pontificio, sentito il Priore di Bose, Fr. Luciano Manicardi, che ha raccolto anche il parere del Discretorio della Comunità, dopo aver consultato S.E. Mons. Alberto Silvani, Vescovo di Volterra, nella cui Diocesi si trova la Fraternità Monastica di Bose a Cellole, e dopo aver ricevuto il benestare del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, ha emanato un Decreto (notificato l’8 gennaio) nel quale ha richiesto alla Comunità monastica di Bose di:

1) interrompere a tempo indeterminato i legami con la “Fraternità Monastica di Bose a Cellole”, sita in località Cellole di San Gimignano (SI), la quale pertanto è stata chiusa e non può essere considerata come “Fraternità della Comunità Monastica di Bose”, fino a quando non si deciderà altrimenti. Di conseguenza, si dovrà escludere in riferimento ad essa, l’utilizzo dei nomi di “Fraternità Monastica di Bose”, “Monastero di Bose”, o simili, nella pubblicistica, nella cartellonistica, nei siti Internet, ecc.

2) cedere in comodato d’uso gratuito il complesso di immobili di Cellole a Fr. Enzo Bianchiche vi si trasferirà entro e non oltre martedì 16 febbraio p.v.avendo già dato il suo assenso al riguardo, assieme ad alcuni fratelli e sorelle che hanno manifestato la propria disponibilità ad andare con lui e si troveranno nella condizione di membri della Comunità Monastica di Bose extra domum.

Restano ferme tutte le disposizioni del Decreto singolare del 13 maggio 2020, anche quelle riguardanti gli altri destinatari, ossia Fr. Goffredo Boselli, Fr. Lino Breda e Sr. Antonella Casiraghi.

Si è ritenuto doveroso dare questa pubblica comunicazione per rendere noto il mutato status della già “Fraternità monastica di Bose a Cellole”, al fine di evitare qualsiasi confusione e ambiguità in merito.»

F.P.

Silere non possum 

Conferma anche Manicardi, con un comunicato, il quale segue quello del delegato e in cui afferma: 

«Lunedì 8 febbraio 2021 la nostra Comunità è stata chiamata a compiere un atto di fiduciosa obbedienza alla Chiesa, rinnovando la propria gratitudine a papa Francesco per la paterna sollecitudine con cui ha voluto intervenire per curare le ferite di una stagione critica della nostra vita comune.

Il passo intrapreso con sofferta trepidazione è la chiusura della nostra Fraternità a Cellole di San Gimignano (SI), aperta nell’aprile 2013.

[..]Dal giugno dello scorso anno, la Comunità ha atteso invano che fr. Enzo Bianchi obbedisse al Decreto singolare del 13 maggio, approvato in forma specifica da papa Francesco che, per il bene della Comunità, disponeva tra gli altri provvedimenti anche il suo allontanamento a tempo indeterminato da Bose e dalle sue Fraternità. In questi lunghi mesi il Delegato Pontificio p. Amedeo Cencini ha operato non pochi tentativi volti a rendere più agevole a Fr. Enzo Bianchi l’esecuzione del suddetto Decreto, agendo secondo la pazienza insegnata dal Vangelo, in forza del mandato ricevuto dalla Santa Sede, nel rispetto della giustizia e, soprattutto, della sofferenza di tutte le persone coinvolte.

Siccome tra le motivazioni addotte da fr. Enzo Bianchi per sottrarsi alla fattiva esecuzione del Decreto e spiegare il suo restare a Bose, nei medesimi locali da lui abitati da oltre un decennio, vi era l’indisponibilità a recarsi in un altro monastero e l’asserita impossibilità a trovare un altro luogo adeguato, la Comunità ha acconsentito alla richiesta suggerita dal Delegato pontificio di rinunciare alla propria Fraternità di Cellole, richiamando a Bose o in altre sue Fraternità i fratelli fino ad oggi presenti a Cellole e cedendo in comodato d’uso quegli immobili, così che fr. Enzo vi si possa trasferire prima dell’inizio della Quaresima, accompagnato da alcuni membri professi che – nella condizione canonica di extra domum ed esonerati dal divieto, disposto dal Decreto singolare, di intrattenere rapporti con fr. Enzo – possano rendere sostenibile la sua permanenza in quel luogo, scorporato ormai “da Bose e dalle sue Fraternità”.»

Qualche domanda ci sorge spontanea: 

Caro Manicardi, Caro Cencini, nel rispetto di quale giustizia? 

Dove sono questi documenti? Perchè non li rendete pubblici per amore di verità? Quale ideale di giustizia vi abita? Inoltre, come pensate che un monaco possa avere, dopo tutte le rinunce fatte, un luogo ove andare a 78 anni? Offrite un monastero, in quali modalità? Quali sicurezze date a quest’uomo? Può un uomo fidarsi ed andare in un luogo offerto in comodato d’uso (per quanto tempo? Con quali garanzie?) da persone che lo hanno cacciato dal luogo dove ha vissuto tutta la sua vita? Potete chiedere ad un uomo di 78 anni di lasciare la sua casa entro 10 giorni? Senza prevedere che debba fare un trasloco di una immensità di libri? 

Quale è la vostra attenzione all’umanità? alla giustizia? alla sofferenza? Dove è la vostra misericordia? 

Probabilmente Manicardi e Cencini sono abili nel riempirsi la bocca delle cose di lassù ma in quanto a fatti vi è difficoltà seria nell’applicare la misericordia Domini

Infine, il 18 febbraio 2021Manicardi torna a parlare con un comunicato in cui afferma:

«Con profonda amarezza la Comunità ha dovuto prendere atto che fr. Enzo non si è recato a Cellole nei tempi indicatigli dal Decreto del Delegato Pontificio dello scorso 4 gennaio. Si trattava di una soluzione messa a punto in questi mesi con l’assenso ribadito per iscritto dallo stesso fr. Enzo e da alcuni fratelli e sorelle disposti a seguirlo per fornirgli tutta l’assistenza necessaria.

Come abbiamo spiegato nel darne notizia, la Comunità ha dovuto rinunciare alla sua Fraternità di Cellole affinché fosse rispettata l’indicazione del Decreto singolare approvato in forma specifica dal Papa che prevedeva per fr. Enzo un allontanamento da Bose e dalle sue Fraternità. Agendo così la Comunità aveva cercato una modalità di osservanza del Decreto singolare che permettesse a fr. Enzo di andare a vivere in un luogo da lui amato, alla cui ristrutturazione aveva contribuito attivamente, arrivando a determinare anche la disposizione dei locali atti ad accoglierlo una volta dimessosi da priore. Con la soluzione indicata i fratelli extra domum avrebbero continuato a godere di tutti i diritti propri dei membri professi della Comunità, come la partecipazione ai Consigli. Al contempo, lo spostamento di fr. Enzo a Cellole avrebbe contribuito ad allentare la tensione e la sofferenza di tutti e avrebbe facilitato il lento cammino di riconciliazione e comprensione reciproca. Per attuare tutto questo, da una settimana i fratelli già presenti a Cellole si sono spostati a Bose e altri due, tra quanti avevano dato la propria disponibilità, si sono recati a Cellole per predisporre al meglio l’arrivo di fr. Enzo. Purtroppo la mano tesa non è stata accolta e ora la Comunità dovrà anche affrontare l’impegnativo onere di far ripartire la Fraternità di Cellole, poiché la sua chiusura avrebbe prodotto piena efficacia solo a partire dall’arrivo di fr. Enzo alla Pieve. La presenza di Bose in quel luogo, infatti, è un impegno nei confronti della Diocesi e una responsabilità morale verso le tante persone che là avevano trovato un alimento per la loro vita spirituale e umana. Impegno e responsabilità che sono stati abbondantemente ricompensati dal grande dono dell’amicizia e della comunione fraterna.»

Da Bose tutti comunicati, interventi e parole carichi di sentimenti di sofferenza, di amore e di comprensione. Una sorta di: “Io sono buono, cerco di aiutarlo ma lui proprio non vuole capire.”. Quando basterebbe farsi poche semplici domande pratiche, quella praticità che spesso manca alla Chiesa, ovvero

“Ma quest’uomo perchè viene mandato via? come si fa a ritenere giusto tutto ciò senza ascoltarlo? come si pretende che si trasferisca senza avere delle sicurezze? ”

Lo stesso Bianchi chiede che gli venga detto ciò che ha sbagliato, è lecito no? Qualcuno in questo Paese accetterebbe di essere sfrattato da casa sua o addirittura portato in carcere senza poter leggere i capi di imputazione? 

La risposta di Enzo Bianchi 

Finalmente, il silenzio di Fratel Enzo cessa e riferisce tutto ciò che lo ha portato alle sue decisioni. Emblematico il titolo del comunicato: Silenzio sì, assenso alla menzogna no!”Sì, perchè molto spesso si approfitta della fede di alcuni, della bontà e a volte anche dell’imposizione al silenzio che viene fatta, per poter dire ciò che si vuole, anche il falso. Bianchi non ci sta e racconta come stanno le cose: 
 
 

«Nel Decreto del Segretario di Stato consegnatoci il 21 maggio 2020, veniva chiesto a me, a due fratelli e a una sorella  l’allontanamento da Bose a causa di comportamenti a noi mai indicati e spiegati che avrebbero intralciato l’esercizio del ministero del priore di Bose, fr. Luciano Manicardi. Pur non avvallando le calunnie espresse nel Decreto, coscienti che non ci era consentito l’esercizio del diritto fondamentale alla difesa (come sancito dalla Carta dei diritti umani e dalla Convenzione europea) abbiamo obbedito al Decreto.

Ho immediatamente iniziato la ricerca di un’abitazione adatta a me e alla persona che mi assiste, dove poter anche trasferire la vasta biblioteca necessaria al mio lavoro e l’ampio archivio personale. Dopo mesi di ricerca condotta anche da agenzie specializzate, ricerca complicata altresì dall’emergenza sanitaria del Covid-19, non ho trovato nulla di confacente alle mie esigenze. I costi per l’acquisto di una casa in campagna (sempre superiore a 500.000 euro) o di un affitto di un alloggio in città restavano eccessivamente elevati rispetto alle mie possibilità economiche e alla scelta di una vita sobria che ho sempre condotto.

A queste difficoltà si aggiungono la mia età avanzata e le precarie condizioni di salute: gravissime difficoltà di deambulazione causata da una seria sciatalgia, una grave insufficienza renale che non permette alcun intervento chirurgico risolutivo, ai quali si aggiunge una patologia cardiaca. É a seguito di questa situazione e non per altre ragioni, che non ho potuto lasciare l’eremo nel quale vivo da più di quindici anni e si trova dietro alla collina della Comunità di Bose. Alla consegna del Decreto ho da subito interrotto ogni rapporto con i membri della Comunità, incontrando soltanto un fratello incaricato dal priore per la mia assistenza quotidiana. Pertanto, l’allontanamento concreto l’ho realizzato ma non abbastanza lontano come indicato dal Decreto.

Nell’ottobre 2020, direttamente dal cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin mi è giunta la proposta di trasferirmi presso la fraternità di Bose a Cellole, sita in S. Gimignano (Si), insieme ad alcuni fratelli e sorelle che si sarebbero resi disponibili, così da attuare pienamente il Decreto e trovare una soluzione per la mia residenza fuori comunità.

A questa proposta, il priore di Bose, l’economo della comunità e il delegato pontificio hanno da subito posto alcune condizioni, tra le quali la perdita di tutti i diritti monastici per i fratelli e le sorelle che si sarebbero trasferiti a Cellole nella condizione di extra domum. Fu mia premura informare il Segretario di Stato che la condizione alla quale venivano ridotti questi fratelli e sorelle era in aperta contraddizione con il can. 665 com. 1 del Diritto canonico vigente, avvalorato dall’interpretazione data dal documento “Separazione dall’Istituto. Extra domum, esclaustrazione e secolarizzazione” redatto dal Gruppo Segretari/e di Roma del 12 novembre 2013.

Separazione dall'Istituto. Extra domum, esclaustrazione e secolarizzazione

Il 13 novembre del 2020, il Cardinale Parolin, in una lettera a me indirizzata, accoglieva le mie osservazioni, chiedendomi di trasferirmi a Cellole con alcuni fratelli e sorelle disponibili, da me scelti in intesa con il priore di Bose, i quali avrebbero vissuto come monaci extra domum ma conservando tutti i loro diritti monastici. Cellole non sarebbe stata più una fraternità di Bose ma comunque una fraternità monastica in cui era possibile la presenza di un fratello presbitero per la celebrazione eucaristica.

Tuttavia, l’8 gennaio 2021 mi giungeva il decreto del delegato pontificio con le disposizioni per il trasferimento a Cellole, e  in allegato un contratto di comodato d’uso gratuito precario che avrei dovuto firmare immediatamente. Il contratto, ideato e redatto dell’economo di Bose fr. Guido Dotti e approvato del priore di Bose fr. Luciano Manicardi e del delegato pontificio, poneva le seguenti condizioni:

Il decreto del delegato pontificio  ingiunge a fr. Enzo Bianchi di trasferirsi a Cellole senza sapere né identità né numero dei fratelli e delle sorelle che sarebbero andati a vivere con lui.

Nel contratto di comodato si prevede che l’Associazione Monastero di Bose, nel suo rappresentante legale fr. Guido Dotti, può cacciare da Cellole in ogni momento, su semplice richiesta e senza motivarne le ragioni, fr. Enzo Bianchi e quanti vi risiedono con lui.

Il contratto di comodato d’uso concede gli edifici del priorato di Cellole stralciando però intenzionalmente i terreni annessi all’edificio e necessari per la coltivazione, per l’orto e per la provvigione dell’acqua durante l’estate.

Si dichiara che  ai monaci e alle monache di Bose che vivranno a Cellole è vietato non solo fare riferimento a Bose, ma anche affermare di condurre vita monastica o cenobitica: potranno semplicemente definirsi come coloro che danno assistenza a fr. Enzo Bianchi, pertanto ridotti a meri “badanti”.

Anche alla mia richiesta che a Cellole ci fosse un fratello idoneo designato a guidare la comunità, il delegato pontificio ha risposto che “non c’è alcun priore, né responsabile, né presidente del gruppo a Cellole, né vita monastica né vita cenobitica”.  Ai monaci e alle monache di Bose presenti con me a Cellole ai quali erano riconosciuti dal Segretario di Stato tutti i diritti monastici era tuttavia espressamente vietata la vita monastica. Con tutta evidenza, questa imposizione risulta lesiva della dignità personale e dei diritti monastici fondamentali di questi fratelli e sorelle che vivono a Bose anche da quarant’anni. Se a Cellole è loro vietato di condurre vita monastica, essi cosa vivono? Vengono loro riconosciuti i diritti monastici ma è loro espressamente vietata la sostanza della vita monastica.

A queste condizioni, che non sono mai state rese note alla comunità, io non ho mai dato il mio assenso, perché mi sembrano disumane e offensive della dignità dei miei fratelli e delle mie sorelle. Il decreto del delegato pontificio pone con tutta evidenza me e quanti con me vivono a Cellole in una condizione di radicale precarietà, obbligandoci a vivere perennemente nell’angoscia di essere cacciati in ogni momento e per qualsiasi ragione. Se alle indicazioni del Segretario di Stato avrei sempre potuto ubbidire, alle modalità di realizzazione dettate in particolare da fr. Guido Dotti non ho mai potuto dare il mio assenso.

Per queste ragioni, per la quarta volta,  il 2 febbraio scorso ho comunicato al delegato pontificio e al priore, tramite lettera consegnata nelle sue mani, la mia decisione di non trasferirmi a Cellole alle condizioni poste da loro. Inoltre, per amore della Chiesa e in particolare della diocesi di Volterra, del suo vescovo Alberto Silvani padre veramente premuroso, di tutte le persone che da otto anni frequentano l’eucaristia domenicale e la liturgia delle ore quotidiana e che hanno tessuto vincoli ecclesiale e spirituali con la fraternità di Cellole, non posso in coscienza accettare che una fraternità di così grande valore monastico fosse chiusa al semplice scopo di diventare una casa privata destinata a me e a chi mi assiste. Ribadisco tutto il mio dolore per una chiusura decisa improvvisamente e in questa modalità e non certo per volontà mia. Il delegato pontificio e il priore di Bose, ignorando questa mia decisione a loro tempestivamente comunicata per iscritto di non trasferirmi a Cellole, hanno ugualmente pubblicato il 9 febbraio 2021 i rispettivi comunicati ufficiali, omettendo gravemente di rendere nota la mia decisione, anzi dicendo che io avevo accettato di trasferirmi a Cellole, alterando in tal modo la verità dei fatti.

Per questo, dall’inizio di febbraio, ho ricominciato la ricerca di una dimora in cui poter vivere la vita monastica e praticare l’ospitalità come sempre ho fatto tutta la mia vita a Bose: alla mia vocazione non intendo rinunciare.

Non ho nulla in più da comunicare almeno PER ORA. GIUDICATE VOI!

Di quanto qui scritto sono disposto a mostrare i documenti che lo provano.»

In conclusione

Pare evidente che le versioni siano molto differenti e se fosse vero quanto afferma Bianchi, sarebbe molto grave quanto operato dal delegato pontificio e da Manicardi.  In particolare quanto riguarda le affermazioni sull’accettazione delle condizioni alle quali Bianchi dice di aver espressamente comunicato l’indisponibilità.

La domanda ora è sempre la solita: perché Francesco sceglie questi modi dispotici per allontanare le persone? Perchè gli basta qualche minuto (o qualche parola sussurrata da qualcuno) e chi era amico improvvisamente diviene nemico? Come mai vengono fatti questi “processi” a porte chiuse senza la presenza degli imputati? Come mai non si fanno i processi ma si invitano (o si obbligano) le persone alle dimissioni per evitare i procedimenti?

Misericordia significa attenzione all’essere umano, alle sue fragilità e qualora anche avesse sbagliato è compito della Chiesa comprendere, correggere ed educare. Non funziona così Francesco, la misericordia non è una bandiera da sventolare ma una cartina tornasole.

Silere non possum!