Chaos reigns in the diocese of Rome. Did the Pope want communion? The real system, however, is divide et impera

“Nella comunione delle Chiese, alla Chiesa di Roma è affidata la particolare responsabilità di accogliere la fede e la carità di Cristo trasmesse dagli Apostoli e di testimoniarle in modo esemplare. È quindi primaria preoccupazione del suo Vescovo provvedere a quanto è necessario perché questa Chiesa corrisponda a ciò che le dice lo Spirito del Signore Gesù Cristo”, scriveva pochi giorni fa Papa Francesco nella nuova costituzione apostolica In Ecclesiarum Communione.

Un testo che, come ha detto il Pontefice, ha il fine di promuovere la collegialità e la comunione.

Come abbiamo spiegato in questo articolo, in questo testo vi sono diverse problematiche di ordine giuridico. Del resto, il Papa ha scelto di avvallare i piagnucolamenti di alcuni sacerdoti che hanno approfittato di questo clima di confusione dei ruoli per riuscire ad ottenere ciò che più gli faceva comodo. Piuttosto che comunione, quindi, sarebbe più corretto parlare del sistema che Francesco ha utilizzato spesso anche qui in Vaticano: divide et impera.

I colloqui dei preti con il Papa

Sin da quando Francesco è stato eletto al soglio di Pietro, alcuni sacerdoti romani hanno iniziato a sentire una sorta di “gregoriano angelico” di sottofondo quando lui si definiva “il vescovo di Roma”. Tutti i Papi lo sono stati, ma Francesco da subito ha posto l’accento su questo "ruolo". Ciò ha comportato che molti sacerdoti hanno visto nel Papa il modo semplice per scavalcare il cardinale vicario (il quale non è stato capace di prendere una sola decisione in tutti questi anni). Nel 2013, appena eletto, addirittura c’era la fila dei preti fuori da Santa Marta per andare a colloquio con il Papa. La relazione amorosa fra il Papa e il suo clero finì quando Francesco scelse come Vicario, Angelo De Donatis. I preti gli dissero chiaramente che questo sarebbe stato un problema, in quanto foro interno e foro esterno si sarebbero mescolati in maniera pericolosa. Ma Francesco non ha voluto sentire storie, la prova degli esercizi spirituali era stata superata egregiamente. Del resto, predicare esercizi e governare una diocesi, è la stessa cosa, no?

Il risultato è sempre il solito: il Papa viene tirato qua e là, a seconda delle necessità. Non avendo il tempo di verificare, ascoltare ed entrare nelle questioni, il Pontefice rischia di farsi abbindolare da chi vuole fare i propri interessi.

È chiaro che ciò che fa un vescovo non è sempre apprezzato. Questo accade in qualunque realtà, il superiore non può piacere a tutti. Il rischio di “voler piacere a tutti” è proprio quello che corre il Papa. E, chiaramente, si arriva presto a sbattere la faccia. Potremmo dire che questa Costituzione Apostolica per la diocesi di Roma è una bella porta in faccia.

Costituzione Apostolica IN ECCLESIARUM COMMUNIONE

La natura della Costituzione

Quando il Cardinale Angelo De Donatis ha dato il ben servito ad alcuni soggetti, si è trovato chiaramente adalimentare persone rancorose ed arrabbiate. Certo, c’è da dire che le scelte di De Donatis in questi ultimi anni non sono state questo granché e, dietro, c’era sempre l’ombra di Pierangelo Pedretti, il quale, qui in Vaticano, è stato soprannominato il “grande silurato”.

Ciò, però, non giustifica che i sacerdoti ricerchino la via d’uscita, addirittura strumentalizzando il Papa. Torniamo, quindi, ancora e ancora, sullo stesso argomento: il Papa non può essere principe e Re. La mole di lavoro che il Pontefice deve affrontare, non è compatibile con l’ascolto, caso per caso, dei singoli presbiteri e dei singoli problemi. Francesco deve imparare a fidarsi dei propri collaboratori e lasciare fare a loro. Se le scelte di un vescovo sono discutibili, non si può comunque creare una catena di appelli infiniti. Diceva giustamente il Cardinale Pell, Roma loquitur. Confusio augetur.

Quando Pierangelo Pedretti, nella sua volontà di mettere mano ovunque, decise di piazzare un laico neocatecumenale all’interno di un ufficio molto delicato del Vicariato, chiaramente ha scatenato il caos.

Pedretti era diventato il fac totum, non il Moderator Curiae. Secondo questo consolidato sistema del “piagnucolo con il Papa” e il Papa mi accontenta, qualcuno ha pensato bene di pungolare i propri compagni di seminario per poter accedere a Santa Marta.

Ed è così che Fabio Salerno e Cristiano Antonietti hanno aperto le porte della Domus a qualche rancoroso confratello. La questione è certamente degna di nota: il segretario generale aveva completamente stravolto il sistema e aveva calpestato quella che era Ecclesia in Urbe, ma la soluzione doveva essere: cambiare il segretario, non distruggere l’impianto di una diocesi.

No, qualcuno ha deciso di fare un compromesso. Fra vescovi rancorosi e preti arrabbiati, il Papa ha deciso di stravolgere il sistema dell’intera diocesi e, fra l’altro, accontentare anche la maggior parte del presbiterio (di cui si facevano voce un vescovo e alcuni preti) per far fuori il confratello smanettone. In questo modo è stata partorita una Costituzione che non ha né capo né coda.

La riflessione deve essere seria e ponderata perché questo sistema sta portando diversi problemi e sembra che qualcuno non voglia capirlo. Sicuramente dedicheremo un articolo ad una analisi giuridica di questa Costituzione ma, fra le altre cose, qualcuno ha riflettuto sulla distinzione fra Vicariato e Diocesi di Roma? Quando il Papa è a capo dell’uno o dell’altra? Questo è il risultato sapiente di gesuiti che hanno litigato con l'autorità e il diritto quando erano adolescenti.

L’incontro del settore Centro

Mentre il Papa dice di aver emanato la Costituzione per favorire la comunione, nella diocesi regna la “guerra fra bande”. Sono pochi coloro che, in Vicariato, guardano alla realtà con occhio limpido. C’è chi difende De Donatis, il quale va in giro dicendo che “tanto in pratica non cambia nulla”, c’è chi si schiera dalla parte di Daniele Libanori (identificato come il grande oppositore di De Donatis), c’è chi fa finta di vivere in un’altra diocesi, ecc…

Pochi, purtroppo, si rendono conto che da questa situazione ne usciamo tutti sconfitti. Oltre a fornire al Popolo di Dio una immagine di un presbiterio “partitico” e diviso, non ci rendiamo conto che il Papa viene strumentalizzato per gli interessi di “alcuni”.

Per fortuna, ci sono molti sacerdoti che sono ben lontani dai problemi di Corte e vivono ogni giorno con dedizione la loro realtà parrocchiale, il loro ministero. Preti a capo di realtà difficili, i quali avrebbero bisogno di una struttura, quella del Vicariato, pronta ad accoglierli e ad aiutarli nella quotidianità. “Non posso andare in Vicariato e vedere che c’è un clima di guerra, di lotte intestine, quando vado ho bisogno di sentirmi ascoltato e cerco persone competenti che mi aiutino a risolvere i problemi che ho nelle famose parrocchie di periferia”, ha detto un prete romano.

In effetti, Francesco parla tanto di queste periferie ma poi si impegna ad accontentare o bastonare coloro che stanno a palazzo. Di quei sacerdoti che vivono la loro quotidianità e amano il loro ministero, al Papa non importa granché. La volontà è quella sempre di bastonare, redarguire i preti, non certo mettere in risalto le qualità.

In barba alla comunione e alla collegialità, quindi, la diocesi si mostra, ancora una volta, divisa. Il vescovo Daniele Libanori, il quale risulta vincitore (non si sa de che) in questa lotta, ha organizzato un incontro per i sacerdoti del suo settore. Il giorno 01 febbraio 2023. Non un incontro per tutta la diocesi ma solo per il settore centro.

De Donatis - Rupnik

Con una e-mail dall’italiano un po’ imbarazzante, il vescovo Libanori ha scritto ai sacerdoti: “L’argomento sul quale rifletteremo sarà la nuova Costituzione apostolica “In Ecclesiarum communione” che regola la vita e il funzionamento del Vicariato e della Diocesi. Si cercherà di approfondire soprattutto il preambolo teologico, che contiene indicazioni fondamentali e innovative”.

A guidare l’incontro sarà Mons. Andrea Celli, Parroco di S. Pio X alla Balduina e per molti anni Direttore dell’Ufficio Giuridico del Vicariato. In sostanza, il grande ritorno.

Ora, ci chiediamo, che senso ha fare un incontro di settore sulla Costituzione? Non è forse più sensato fare un incontro nella Cattedrale dove tutto il presbiterio viene invitato a riflettere? Altrimenti si dica chiaramente: la diocesi di Roma si elimina e si fanno diocesi corrispondenti ai settori. La domanda è: "Chi non è riuscito a farsi nominare vescovo in Campania, dove voleva andare ardentemente, ora fa la guerra pur di essere "ordinario" a tutti i costi"?.

Inoltre, ad un incontro sulla Costituzione, non è forse il caso che presenzi “il vescovo di Roma”? Magari spiegando i sentimenti che hanno ispirato questo testo?

Troppo spesso, anche nella diocesi di Roma, ci sono soggetti che pensano che i sacerdoti siano dei minus habens che devono obbedire ed eseguire ai capricci di pochi. Il Pontefice utilizza questo sistema anche con i suoi vescovi, i quali sono più amministratori delegati che apostoli. Questo sistema dove ci porterà?

S.I. e R.P.

Silere non possum