Has the pontificate of Pope Francis suffered the death of Benedict XVI? Things in the Vatican are about to change

Regna lo sconcerto fra i membri del Sacro Collegio, oggi. Ieri sera, quando il testo dell’omelia preparata per i funerali è uscito da Santa Marta ed è arrivato (in segreto) negli appartamenti dei porporati, sono partite le chiamate fra confratelli. Rabbia, sconcerto, dolore. Sono questi i sentimenti che, in queste ore, stanno muovendo l’animo anche di molti fedeli. Nella piazza, durante il funerale molte persone lamentavano “un trattamento che non verrebbe riservato neppure al proprio peggior nemico”. 

Papa Francesco ha svelato in queste ore ciò che realmente pensa del “Papa Emerito” e del “Papato Emerito”. Due suoi collaboratori ieri hanno dovuto fare un “tira e molla” per convincerlo a non lasciare il feretro nella Piazza ed andarsene prima ancora che venisse portato nelle grotte per la tumulazione. Il Papa non voleva saperne. Il dettato, sin da quando si è iniziato a capire che il Santo Padre Emerito Benedetto XVI ci avrebbe lasciato, è stato: “un funerale come quello dei cardinali. Nulla di più”. Poi, sono iniziate le trattative.

Cardinali e vescovi giunti da ogni parte del mondo, nelle ore precedenti alle esequie hanno manifestato il proprio stato d’animo, il proprio dolore e rammarico. “Certo, avrebbe fatto più bella figura se avesse degnato di tutti gli onori il suo predecessore e poi avesse voltato pagina”, dice un porporato sotto voce. Francesco, però, non è di questa idea e in queste ore ha mostrato la propria insofferenza, sia alla convivenza con un altro Papa, sia a tutto ciò che significa questo.

Stato d’animo che, peraltro, non fa altro che confermare come, in realtà, il Papa ha sempre temuto il suo predecessore. Difatti, non si tratta del Papa Emerito che muore, del Papa Emerito che era in vita. Questo sguardo lo può dare solo qualche sprovveduto cronista da cabaret. La presenza prima, e la morte oggi, di Benedetto XVI, sbattono in faccia a Francesco il fatto che nell’Ovile santo e cattolico, ci sono anche coloro che vedono nella Chiesa, non una Caritas “Volemose bene” ma una seria istituzione di Cristo che ha come fine ultimo la salvezza dell’anima. “Sfamare anime non bocche, questo è il compito della Chiesa”, dice un vescovo mentre tira fuori la mitra dalla borsa.

Sono stati fatti male i conti

Se a far conti abbiamo assunto persone molto brave che non pensano ad altro che ai soldi, in questa occasione è proprio il caso di dire che non si sono guardati in tasca. Dapprima è stata fatta la scelta di non adottare biglietti per la celebrazione delle esequie, poi non sono state date disposizioni per lo Stato della Città del Vaticano. Da subito a Santa Marta hanno tentato di far passare alla stampa la notizia che “solo due delegazioni saranno presenti”. Moltissime, però, sono state quelle che hanno partecipato a titolo personale. Cambio piano! La Segreteria di Stato ha chiesto a tutti di venire in Vaticano senza abito di gala. “Ma come, questo lo mettiamo anche per le esequie dei cardinali” hanno risposto. Niet! Un fuggi fuggi a trattare con i giornalisti: “cosa facciamo uscire, cosa no?”, si chiedevano all’interno della Sala Stampa i giornalisti accreditati. Nel frattempo il Segretario di Stato Vaticano ha chiamato i fedelissimi cronisti e ha rilasciato dichiarazioni che andassero a smorzare le affermazioni di S.E.R. Mons. Georg Gänswein.

Nessun passo indietro su bandiere e quant’altro. Francesco, infatti, ha già “mollato la presa” su troppe cose. Dapprima si era detto che Benedetto XVI sarebbe stato seppellito in una tomba fuori dalla terra, creata ad hoc negli anni scorsi. Un sarcofago. Dal Monastero Mater Ecclesiae, però, sono arrivate “le ultime volontà” del Pontefice Emerito. Confermate anche da quanto aveva già detto all’Arciprete Emerito a suo tempo: “Il Papa vuole essere seppellito dove riposava Giovanni Paolo II”. Davanti alle “ultime volontà”, Francesco non ha potuto far nulla.

“Attorno al feretro niente guardie svizzere, non è il Papa regnante”. In effetti, questa scelta avrebbe avuto un senso. Anche il 28 febbraio 2013 le Guardie Svizzere lasciarono Castel Gandolfo e tutto venne affidato alla Gendarmeria Vaticana. Il Corpo delle Guardie, infatti, è prettamente riservato alla protezione del Papa regnante.

Negata comunione ad un fedele durante la Messa

Come abbiamo detto ieri, però, sulle cose serie si è lasciato perdere, sulle sciocchezze no. Difatti, attorno al Pontefice Emerito sono state lasciate due Guardie Svizzere a vegliarlo. Quindi, ricapitolando, il Papa Emerito viene portato come un ladro, di notte, con un pulmino all'interno della Basilica Vaticana. Dentro viene accolto dall'Arciprete e poi piantonato con due Guardie Svizzere in alta uniforme. Beh, che dire. Tutto ha un senso.

Sullo Stato nessuna disposizione. Qualche servo fedele ha pensato bene di dire che in Vaticano si è sempre fatto così, lutto solo per il Papa regnante. Francesco non aveva detto che "si è sempre fatto così" non va bene? Inoltre, sulla questione del Papato Emerito era ed è tutta una novità, quindi il Papa può fare ciò che vuole. Proprio come quando firma rescritti segreti che modificano la procedura penale in corso di processo.

Un solo diktat: "Niente lutto". Solo all'ultimo il Governatorato si è svegliato. Il Cardinale Fernando Vérgez Alzaga e Suor Raffaella Petrini non hanno scritto nulla fino a ieri, 04 gennaio 2023. All'ultimo è stata diramata una comunicazione in cui si dice: "in considerazione dell'elevata partecipazione di delegazioni ufficiali" e vengono date disposizioni per quanto riguarda il parcheggio. Neanche 24 ore prima. 

Non era stato considerato nulla. Proprio come Benedetto XVI aveva denunciato con il Concilio Vaticano II, questo è avvenuto oggi. I media hanno regolato l'andamento delle cose. I giornalisti hanno sempre propinato una immagine di Ratzinger come un uomo odiato dalla gente, alla fine ci hanno creduto anche molti qui in Vaticano. I numeri impressionanti di fedeli che hanno visitato la salma in questi giorni, però, hanno smentito tutto questo e l'impreparazione che ha colto tutti è evidente.

Certo, è imbarazzante che il Papa abbia questo comportamento. Queste scene sono comprensibili (non accettabili) quando un parroco viene mandato in un'altra parrocchia e ci rimane male. Parlerà male del confratello, cercherà di metterlo in cattiva luce o sminuirlo, va bene tutto. Ma parliamo del Papa. Siamo di fronte alla morte, davanti alla quale tutto viene meno. L'omelia che il Papa ha pronunciato oggi è stata una generica riflessione sulla morte alla quale è stato inserito, UNA SOLA VOLTA, il nome di "Benedetto". Durante la celebrazione eucaristica si scorgevano i volti di alcuni vescovi che muovevano la testa in dissenso. Se il Papa avesse chiesto ai segretari di scaricare l'omelia da internet, probabilmente sarebbe stato un successone.

Siamo solo all'inizio

Mentre i fedeli urlavano in piazza: "Benedetto Santo Subito", Francesco sul sagrato batteva i piedi per poter andare via. "C'è freddo", ha detto a qualcuno. Questa triste storia è solo all'inizio e l'insofferenza di Francesco è evidente. In particolare ora che, sepolto il predecessore, il Pontefice dovrà tornare a fare i conti con la questione Rupnik. Sì, perchè la stampa ovviamente si è distratta un po' perchè è intenta a spiegare che in realtà fra i due Papi c'era tanta stima e Papa Francesco ha fatto bene a fare tutto questo. Noi, invece, non ci siamo dimenticati affatto di Marko Ivan Rupnik e neppure del fatto che il Papa ha tolto la scomunica al gesuita senza alcuna preoccupazione pastorale. Ma questo è solo l'inizio di una serie di altre cose che usciranno. 

Papa Francesco tiene l'udienza nonostante il lutto

Tumulazione

Se Diego Ravelli è riuscito a convincere il Sommo Pontefice a restare sul sagrato mentre la bara di Benedetto XVI veniva portata in Basilica, nessun compromesso per la tumulazione. Francesco si è rifiutato categoricamente di portare la bara nelle grotte. Il rito è stato presieduto da S.E.R. il Sig. Cardinale Giovanni Battista Re, decano del Sacro Collegio.

L.M.

Silere non possum

L'omelia del Sommo Pontefice Francesco

«Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» (Lc 23,46). Sono le ultime parole che il Signore pronunciò sulla croce; il suo ultimo sospiro – potremmo dire –, capace di confermare ciò che caratterizzò tutta la sua vita: un continuo consegnarsi nelle mani del Padre suo. Mani di perdono e di compassione, di guarigione e di misericordia, mani di unzione e benedizione, che lo spinsero a consegnarsi anche nelle mani dei suoi fratelli. Il Signore, aperto alle storie che incontrava lungo il cammino, si lasciò cesellare dalla volontà di Dio, prendendo sulle spalle tutte le conseguenze e le difficoltà del Vangelo fino a vedere le sue mani piagate per amore: «Guarda le mie mani», disse a Tommaso (Gv 20,27), e lo dice ad ognuno di noi. Mani piagate che vanno incontro e non cessano di offrirsi, affinché conosciamo l’amore che Dio ha per noi e crediamo in esso (cfr 1 Gv 4,16).[1] «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito» è l’invito e il programma di vita che sussurra e vuole modellare come un vasaio (cfr Is 29,16) il cuore del pastore, fino a che palpitino in esso i medesimi sentimenti di Cristo Gesù (cfr Fil 2,5). Dedizione grata di servizio al Signore e al suo Popolo che nasce dall’aver accolto un dono totalmente gratuito: “Tu mi appartieni... tu appartieni a loro”, balbetta il Signore; “tu stai sotto la protezione delle mie mani, sotto la protezione del mio cuore.

Rimani nel cavo delle mie mani e dammi le tue”.[2] È la condiscendenza di Dio e la sua vicinanza capace di porsi nelle mani fragili dei suoi discepoli per nutrire il suo popolo e dire con Lui: prendete e mangiate, prendete e bevete, questo è il mio corpo che si offre per voi (cfr Lc 22,19). Dedizione orante, che si plasma e si affina silenziosamente tra i crocevia e le contraddizioni che il pastore deve affrontare (cfr 1 Pt 1,6-7) e l’invito fiducioso a pascere il gregge (cfr Gv 21,17). Come il Maestro, porta sulle spalle la stanchezza dell’intercessione e il logoramento dell’unzione per il suo popolo, specialmente là dove la bontà deve lottare e i fratelli vedono minacciata la loro dignità (cfr Eb 5,7-9). In questo incontro di intercessione il Signore va generando la mitezza capace di capire,

accogliere, sperare e scommettere al di là delle incomprensioni che ciò può suscitare. Fecondità invisibile e inafferrabile, che nasce dal sapere in quali mani si è posta la fiducia (cfr 2 Tim 1,12). Fiducia orante e adoratrice, capace di interpretare le azioni del pastore e adattare il suo cuore e le sue decisioni ai tempi di Dio (cfr Gv 21,18): «Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della

parola di Dio, il nutrimento della sua presenza».[3]

Dedizione sostenuta dalla consolazione dello Spirito, che sempre lo precede nella missione: nella ricerca appassionata di comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo (cfr Esort. ap. Gaudete et exsultate, 57), nella testimonianza feconda di coloro che, come Maria, rimangono in molti modi ai piedi della croce, in quella pace dolorosa ma robusta che non aggredisce né assoggetta; e nella speranza ostinata ma paziente che il Signore compirà la sua promessa, come aveva promesso ai nostri padri e alla sua discendenza per sempre (cfr Lc 1,54-55).

Anche noi, saldamente legati alle ultime parole del Signore e alla testimonianza che marcò la sua vita, vogliamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle mani del Padre: che queste mani di misericordia trovino la sua lampada accesa con l’olio del Vangelo, che egli ha sparso e testimoniato durante la sua vita (cfr Mt 25,6-7).

San Gregorio Magno, al termine della Regola pastorale, invitava ed esortava un amico a offrirgli questa compagnia spirituale: «In mezzo alle tempeste della mia vita, mi conforta la fiducia che tu mi terrai a galla sulla tavola delle tue preghiere, e che, se il peso delle mie colpe mi abbatte e mi umilia, tu mi presterai l’aiuto dei tuoi meriti per sollevarmi». È la consapevolezza del Pastore che non può portare da solo quello che, in realtà, mai potrebbe sostenere da solo e, perciò, sa abbandonarsi alla preghiera e alla cura del popolo che gli è stato affidato.[4] È il Popolo fedele di Dio che, riunito, accompagna e affida la vita di chi è stato suo pastore. Come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo qui con il profumo della gratitudine e l’unguento della speranza per dimostrargli, ancora una volta, l’amore che non si perde; vogliamo farlo con la stessa unzione, sapienza, delicatezza e dedizione che egli ha saputo elargire nel corso degli anni. Vogliamo dire insieme: “Padre, nelle tue mani consegniamo il suo spirito”.

Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la sua voce!