This morning, the Rev. Mauro Carlino and the lawyer René Brulhart were questioned in the Vatican. The two are defendants in the famous criminal case concerning the Sloane Avenue building in London.

Il Papa sapeva. Il Papa ha chiesto di non denunciare ma di trattare. È il mantra che si è ripetuto nelle ultime udienze nell'aula polifunzionale dei Musei Vaticani dove si sta celebrando il processo sull'affaire del palazzo sito in Sloane Avenue a Londra. Questa mattina sono stati interrogati il Rev.do Mons. Mauro Carlino e l' Avv. René Brülhart. Rinviato l'interrogatorio del Sig. Tommaso Di Ruzza e spostato anche quello di S.E.R. il Sig. Cardinale Giovanni Angelo Becciu previsto per il 07 aprile. L'udienza è iniziata oggi alle ore 9.30 ed è terminata alle ore 16 circa. Prima Mons. Carlino ha terminato l'interrogatorio iniziato il 30 marzo (qui) a cui ha fatto seguito l'Avv. René Brülhart il quale ha confermato che il Papa, il Sostituto e il Cardinale Parolin erano al corrente di quanto accadeva e invitavano a proseguire la trattativa.

Mons. Mauro Carlino: il Papa sapeva

Fu S.E.R. Mons. Edgar Peña Parra a richiedere a Mons. Carlino di interessarsi della vicenda. Il sacerdote era stato prima segretario del Cardinale Becciu e poi di Peña Parra. Lo coinvolse insieme al dott. Luciano Capaldo. Quest'uomo però era legato da rapporti di tipo lavorativo con Gianluigi Torzi. I legali del broker sostengono che Capaldo aveva interrotto i rapporti con il Torzi solo il giorno prima dell'inizio della collaborazione con la Segreteria di Stato della Santa Sede.

Peña Parra incaricò anche l'avvocato Luca Del Fabbro e Fabrizio Tirabassi, officiale della sezione amministrativa della Segreteria di Stato della Santa Sede. Tirabassi aveva, sin dall'inizio, seguito la trattativa in merito a questo palazzo.

L’investimento sul Palazzo era stato affidato dapprima a Raffaele Mincione, successivamente a Gianluigi Torzi, che aveva mantenuto per sé mille azioni della proprietà, queste erano le uniche con diritto di voto. Preso atto di questo "grave errore", così lo definì il nuovo sostituto, la Segreteria di Stato prese la ferma decisione di rilevare il palazzo, chiudendo ogni tipo di rapporto con Torzi.

Mons. Mauro Carlino lo racconta ai giudici in aula e riferisce di essere entrato in gioco solo in questo momento. Una precisazione, all'inizio del suo interrogatorio, Carlino la vuole fare. Davanti a una schiera di soggetti che della Chiesa conoscono poco e nulla, soggetti che non hanno mai visto neppure il funzionamento dello Stato del Papa. "Tutto ciò che ho fatto, nel mio essere sacerdote, l'ho sempre compiuto nella più totale obbedienza ai miei superiori" ha detto. L'arcivescovo venezuelano chiede tre semplici cose a Mons. Carlino: fedeltà, obbedienza e riservatezza. L'ingresso del monsignore in questo affaire è quindi subordinato all'errore commesso da Mons. Perlasca, il quale era Capo dell’Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato. L'uomo, che è stato assodato sotto l'ala protettrice di Santa Marta, aveva firmato documenti senza l’autorizzazione di coloro che avevano il potere di firma, ovvero i suoi superiori Parolin e Parra.

Il mio compito, spiega Carlino, era quello di fare da intermediario tra le istanze del Sostituto e i suoi collaboratori e Gianluigi Torzi. Carlino non entrò nelle questioni tecniche, ci tiene a specificarlo.

"Dalle acquisizioni documentali, scrivono i Promotori di Giustizia, è emerso che in data 19-11-2018 Gianluigi TORZI aveva rilevato 30.000 quote della GUTT SA e che, con atto sottoscritto il 22-11-2018, si era impegnato a cederle alla Segreteria di Stato al prezzo di 1 Euro. In pari data (22-11-2018), tuttavia, all'insaputa della Segreteria di Stato, Gianluigi TORZI modificava la struttura azionaria della società lussemburghese al fine di introdurre, accanto alle 30.000 azioni senza diritto di voto dallo stesso effettivamente trasferite dalla Segreteria di Stato, altre 1.000 azioni con diritto di voto, che invece lo stesso TORZI riusciva a trattenere per sé (con la complicità dei funzionari della Segreteria di Stato presenti alla stipulazione degli accordi) e che gli consentivano di esercitare un controllo totale sulla società e sui beni di cui la stessa era (direttamente o indirettamente) proprietaria. In forza della posizione di vantaggio che si era cosi assicurato, Gianluigi TORZI, a decorrere dal dicembre 2018, costringeva la Segreteria di Stato ad una lunga ed estenuante trattativa la quale, per il tramite di diversi mediatori, si concludeva tra aprile e maggio del 2019 con la restituzione dell'effettivo controllo del Palazzo di Londra alla Segreteria di Stato a fronte del pagamento di 15 ml/Euro privo di alcuna giustificazione economica e giuridica.

Richiesta di Archiviazione - Mons. Alberto Perlasca

Torzi inizialmente chiese venti milioni per rispondere alla richiesta di uscire dalla gestione dal palazzo, ed era sua intenzione chiudere l'affaire entro marzo. Non oltre. Si arrivò, dopo una trattativa, a convincerlo a cedere le sue azioni per la somma di quindici milioni. Gianluigi Torzi emise due fatture: una con causale di “commissione di intermediazione” dal valore di dieci milioni, ed una seconda con causale “analitica consulenza di investimenti immobiliari” per il valore di cinque milioni. Per questo motivo, sottolinea Carlino, la "crisi" rientrò e sostanzialmente lui completò il suo compito e ha raccontato che S.E.R. Mons. Peña Parra aveva espresso “ampia soddisfazione per la trattativa" e quella sera stessa organizzarono una cena in un ristorante romano che l'arcivescovo pagò personalmente riferendo che era tutto offerto dal Papa.

L'obiettivo era quello di preservare l’asset e il Sostituto non voleva si denunciasse nulla per non fare scoppiare uno scandalo, il quale poi è scoppiato ugualmente, se non peggio. Peña Parra però preferì evitare un possibile danno reputazionale sulla Santa Sede piuttosto che far prevalere la Verità.

Carlino spiega che le fatture che Torzi emetteva non erano gradite alla Segreteria di Stato, la quale aveva chiaramente chiesto di fatturare una transazione finale, ovvero interrompere i rapporti con il broker.

Il monsignore ha raccontato in aula che il Sostituto aveva fatto pedinare anche l'amico del Papa, Giuseppe Milanese. L'uomo era stato coinvolto nella vicenda da Francesco in persona. Peña Parra però non si fidava e, quando la trattativa non andò a buon fine, lo fece pedinare per capire se fosse in combutta con Torzi.

Carlino ha spiegato in aula che non ha partecipato a tutti gli incontri fra il Sostituto e Mammì ma solo il 24 maggio 2019 dove fu chiamato come verbalizzante. In quella occasione il presidente IOR Jean-Baptiste Douville de Franssu firmò una lettera con cui approvava il finanziamento. Qualche giorno dopo, il 04 giugno, Mons. Peña Parra si recò nella consueta udienza settimana al Papa presentandogli la sua soddisfazione e gratitudine perchè l'Istituto aveva accettato quel determinato finanziamento. Quella mossa avrebbe fatto risparmiare molto denaro alla Segreteria di Stato. Di questo Francesco ne è convinto visto che nella nuova Costituzione Apostolica ha previsto che tutto avvenga tramite lo IOR e non fuori le mura. Prima della fine del mese però arrivò comunicazione che l'affaire non sarebbe stato finanziato perchè erano necessari “altri approfondimenti”. Il Sostituto ne rimase sorpreso e chiese a Domenico Giani di effettuare qualche verifica. Monsignor Carlino, dietro richiesta del Sostituto, inviò a Luciano Capaldo i contatti di Gian Franco Mammì.

È bene ricordare che dall'Istituto partì proprio il 02 luglio 2019 la prima delle due segnalazioni che portarono al presente procedimento.

Questa mattina Mons. Mauro Carlino ha riferito di aver lasciato la residenza dove vive anche Francesco, l'albergo Domus Sanctae Marthae perchè gli è stato chiesto dal Cardinale Pietro Parolin di "lasciare con una certa celerità la residenza". Ha precisato che non è stato S.E.R. il Sig. Card. Angelo Becciu. La precisazione arriva dopo che Mons. Perlasca ha riferito che il cardinale avrebbe fatto pressione perchè venisse cacciato dalla residenza. Tesi assai strana visto che il Cardinale non ha alcun potere su quella struttura. Ha poi spiegato di non essere stato a Londra il 1 maggio 2019, diversamente da quanto asserito dal Promotore di Giustizia.

Avv. René Brülhart: nostra attività sempre approvata dal Sostituto

In una dichiarazione resa all’inizio del suo interrogatorio, l'avvocato ha spiegato come è entrato in Vaticano. Sono entrato come consulente ad hoc per l’antiriciclaggiodell’Autorità di Informazione Finanziaria, ha detto.

L'avvocato Brülhart rivestiva l'incarico di presidente dell’Autorità di vigilanza e consulente. Al promotore di giustizia ha chiarito che non costituiva conflitto di interessi, perché l’AIF non effettuava attività di supervisione sulla Segreteria di Stato della Santa Sede.

Brülhart ha spiegato che anche lui fu chiamato, come Carlino, a prendere parte all'affaire londinese proprio dal Sostituto della Segreteria di Stato, il quale, in un incontro del 7 marzo 2019, aveva scritto che in merito all'immobile di Sloane Avenue la Segreteria di Stato aveva una posizione debole ma era assolutamente necessario non perdere la titolarità dell'edificio. In quella circostanza Brülhart riferì al Sostituto che “se ci fossero stati elementi per fare segnalazione di attività sospetta, questo avrebbe permesso all’AIF di far partire una indagine, stabilire canali e indagare i flussi legali”, ma la decisione spettava solo ed esclusivamente alla Segreteria di Stato della Santa Sede. S.E.R. Mons. Edgar Peña Parra fece la segnalazione, e l’Autorità d'Informazione Finanziaria potè iniziare uno scambio di note informative con le altre unità di informazioni finanziaria. L'AIF a suggerì di non proseguire nella transazione anche se non aveva potere di blocco o vigilanza sulla Segreteria di Stato, ha precisato l'avvocato. Al termine di questa attività l'autorità forni due scenari:

Si poteva prevedere una denuncia, con tutti i rischi del caso, in particolare quello che spaventava il Sostituto, un danno d'immagine oppure una ristrutturazione dell’operazione finanziaria, la quale prevedeva, altresì, la necessità di conoscere le provvigioni da pagare agli intermediari, e richiedeva che le azioni fossero completamente trasferite alla Segreteria di Stato. Una ristrutturazione che avrebbe certamente potuto far superare le riserve dell’Autorità ma l'AIF avrebbe comunque dovuto proseguire le indagini e il suo scambio di note con le altre autorità di informazione finanziaria. Bisognava comunque rifinanziare l’investimento, ecco perchè la richiesta di anticipazione allo IOR. Una richiesta che si poteva avanzare, ha precisato l'avvocato, ma doveva essere ben presentata. Bisogna dire, ha precisato, che lo IOR in altre circostanze ha concesso anticipazioni per fini istituzionali.

Brülhart ha riferito che gli era stato anche detto che Gianluigi Torzi avrebbe avuto diritto a delle commissioni per le azioni. L’obiettivo era liquidarlo, affinché la Segreteria di Stato riprendesse controllo dell’immobile. L'avvocato ha sottolineato che "anche il Santo Padre aveva chiesto in una udienza privata di sostenere la Segreteria di Stato".

L'avvocato Alessandro Diddì ha rivolte numerese domande a René Brülhart in merito alla corrispondenza con lo studio Mishcon de Reya LLP.

Mons. Perlasca: l'archiviazione della sua posizione

Il monsignore che ha commesso il "grave errore" come lo definisce il Sostituto, è stato graziato. Ecco il provvedimento che archivia la sua posizione.

Scrive Diddì: "[...] in data 18-2-2020 veniva disposta perquisizione domiciliare nei confronti di Mons. Alberto PERLASCA in esito alla quale si acquisivano i dispositivi elettronici a lui in uso, divenuti base di preziosi riscontri per l'esatta ricostruzione dei principali accadimenti in cui egli ha avuto un ruolo."

Di questi "preziosi riscontri" però si è scelto di non rendere edotto nessuno. Nella completa ignoranza di tutte le norme è stato affermato con ben due ordinanze del tribunale vaticano (una di questa mattina) che il Promotore di Giustizia può scegliere di non depositare alcuni atti. Sostanzialmente anche il giudice istruttore ha deciso sulla base di affermazioni del Promotore di Giustizia ma non ha mai visionato quegli atti. Ora, lo stiamo dicendo da mesi, che questi soggetti non abbiano neppure idea di cosa sia l'ordinamento vaticano ormai è chiaro ma che gli atti debbano essere depositati per decidere è un principio che vale anche nella Repubblica Italiana. Questi soggetti dove hanno studiato?

Diddì afferma: " [...] la complessiva analisi del materiale raccolto ha, più in generale, indotto a ritenere che, sebbene nei suoi confronti possano esprimersi giudizi di negligenza, talvolta anche gravi ma non rilevanti ai fini della configurazione di fattispecie penalmente rilevanti, non sia stata raggiunta la prova di una sua consapevole e, dunque, dolosa, compartecipazione alle numerose operazioni fraudolente accertate all'esito delle indagini svolte nell'ambito del citato proc. n. 45-19 RGP." Ma come, abbiamo portato a processo tutti coloro che hanno eseguito gli ordini dei superiori e non portiamo a processo uno che è stato negligente? In tutti gli interrogatori sta emergendo che l'errore chiave è stato commesso proprio da Perlasca e non lo portiamo a processo?

All'esito delle indagini effettuate nel proc. n. 45-19 RGP, tuttavia, questo Ufficio è giunto alla conclusione che né Mons. PERLASCA, sottoscrittore dello Share Purchase Agreement, né i suoi Superiori, il Sostituto, S.E. Edgar PEÑA PARRA e, soprattutto, S.E.R. Pietro PAROLIN, fossero stati effettivamente informati e comunque fossero pienamente consapevoli degli effetti giuridici che sarebbero scaturiti dagli accordi sottoscritti e, in particolare, della suddivisione del capitale della GUTT SA in diverse categorie di azioni. Suddivisione che, come già accennato, ha costituito lo strumento in forza del quale si è potuta consumare l'estorsione di Gianluigi TORZI ai danni della Segreteria di Stato.

Non è chiaro quali indagini hanno effettuato Diddì e i suoi amici ma da tutti gli interrogatori emerge soltanto una certezza: il Papa e i suoi collaboratori sapevano tutto. Quindi non si può assolutamente sentire che non erano effettivamente informati o pienamente consapevoli. L'unica possibilità che ha Diddì per dire una cosa del genere è far scrivere a qualcuno che questi sono incapaci di intendere e di volere.

La completa ignoranza di Alessandro Diddì e dei suoi collaboratori in merito ai titoli e alle mansioni dei soggetti coinvolti in questa vicenda deve far preoccupare seriamente tutti. S.E.R. il Sig. Card. Pietro Parolin viene definito "Cardinale di Stato" (pag. 20). Forse questi soggetti hanno già una riforma della Curia Romana successiva anche a Praedicate Evangelium? Che ruolo è quello del Cardinale di Stato?

Inoltre, il principe del foro romano, continua a confondere la presunzione di innocenza con quella di non colpevolezza, proprio come fece nel suo unico articolo sul diritto processuale vaticano. Chissà che belle lezioni di diritto processuale tengono questi professori.

Le date delle prossime udienze

Le prossime udienze saranno: il 27 aprile in cui sarà interrogato Tommaso Di Ruzza. Esame previsto per oggi ma saltato. Il 28 aprile sarà interrogato Enrico Crasso. Il 5 e 18 maggio sarà interrogato S.E.R.il Sig. Card. Angelo Giovanni Becciu, previsto per il 07 aprile ma rinviato. Il 19 maggio sarà sentito Fabrizio Tirabassi e il 20 maggio i restanti.

L.P.

Silere non possum

ARCHIVIAZIONE MONS. PERLASCA ALBERTO