The Supreme Pontiff granted an interview to the Spanish newspaper Abc

Il quotidiano spagnolo ABC ha intervistato il Sommo Pontefice martedì 13 dicembre 2022 nella Domus Santa Marta. Le domande sono state formulate dal direttore del giornale, Julián Quirós, e il corrispondente vaticano, Javier Martínez-Brocal.

Il Papa affronta diverse tematiche. Per la prima volta riferisce di aver consegnato, poco dopo essere stato eletto, un documento al Cardinale Segretario di Stato in cui afferma che se dovessero venire meno le sue capacità fisiche o psichiche, sarebbe da considerare canonicamente dimesso.

Rispondendo ad una domanda sullavisita apostolica ai seminari spagnoli, il Papa riferisce che è "una normale visita", seppur così non è, ed è stata affidata a due "uruguaiani che valgono oro". 

Riferendosi alla visita del Seminario di Barcellona, il Papa ha detto: "L'altro giorno sono venuti i seminaristi della Catalogna e ho visto uomini normali, con serie preoccupazioni. Non erano stupidi". Sinceramente, sentire il Papa dire che i seminaristi "non sono stupidi", ci fa scorrere un brivido sulla schiena. In una intervista, che come vedrete è molto lunga, il Papa non ha mai usato parole benevole nei confronti dei sacerdoti. Anzi, anche nei confronti dei cattolici utilizza parole dure. Nella prima domanda che troverete, il giornalista chiede se non è "preoccupato che coloro che sono più vicini possano sentirsi trascurati", visto che dedica così tanto spazio ai non credenti. Il Papa dice: "Se sono bravi, non si sentono trascurati. Se hanno qualcosa di seminascosto, che nemmeno loro conoscono, sono come il figlio maggiore nella parabola del figliol prodigo... È un peccato brutto, di ambizione nascosta, di voglia di apparire, di essere presi in considerazione". Come se un padre non dovesse tenere in considerazione i figli che ha in casa perchè tanto è scontato che restano lì. Francesco dimentica che il padre del figliol prodigo ha fatto una festa, un giorno, non dieci anni. Qui si tratta di dieci anni in cui si disprezza chi è dentro e si va alla ricerca di chi è fuori. Il padre del figliol prodigo non insultava il fratello buono mentre era con il prodigo. È ben diverso. 

D'altro canto, bisogna dire che queste interviste diventano l'occasione per i giornalisti per portare a casa l'indiscrezione anche politica. In questo caso al Papa sono stati chiesti pareri sull' annosa questione della Catalogna, sull'attuale presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva e sulla guerra in corso. Il Pontefice non può lamentare di venire strumentalizzato, deve ammettere che ama farsi strumentalizzare. 

L'Opus Dei 

È doveroso fare una precisazione in merito all'Opus Dei. Al Papa viene posta una domanda in merito al motu proprio Ad charisma tuendum.

Francesco dice che non è stato un provvedimento per punire ma per riorganizzare e sistemare le prelature personali, non questa in particolare. Il Pontefice dimentica, però, che l'Opus Dei è l'unica prelatura personale che è stata prevista sino ad oggi. Le prelature personali, inoltre, sono previste chiaramente dal Codice di Diritto Canonico ai Cann. 294 – 297. Queste sono differenti dalle prelature territoriali previste, sempre dal Codice, ai Cann. 368-370 CJC. Il codice non stabilisce alcuna competenza di una specifica Congregazione. Semmai è stato San Paolo VI a stabilire, nella Costituzione Regimini Ecclesiae Universae, che le prelature personali ricadessero sotto la Congregazione per i Vescovi. Simili modo ha fatto Giovanni Paolo II nella Pastor Bonus. Questa scelta aveva senso in quanto le Prelature Personali hanno "un Prelato come Ordinario proprio, il quale ha il diritto di erigere un seminario nazionale o internazionale, nonché di incardinare gli alunni e di promuoverli agli ordini con il titolo del servizio della prelatura" [Can. 295 CJC]. Come si può pensare che la Congregazione per il Clero si possa occupare di un soggetto che è equiparato ad un Ordinario? Di una realtà che è come una diocesi? Solo Gianfranco Ghirlanda poteva partorire una idea così malsana. Eppure, come abbiamo già detto a suo tempo, le due paturnie che assillavano l'ex rettore della Gregoriana erano queste: i laici a capo dei dicasteri e l'eliminazione dell'Opus Dei. Con Praedicate Evangelium è riuscito nel suo intento con tanto di premio cardinalizio.

Le prelature personali nascevano con un fine ben preciso, ovvero per "promuovere un'adeguata distribuzione dei presbiteri o di attuare speciali opere pastorali o missionarie per le diverse regioni o per le diverse categorie sociali". Quindi, proprio per quell'attenzione pastorale di cui Francesco ha parlato molto in questi dieci anni. Non si tratta, peraltro, di una invenzione di Giovanni Paolo II ma di una esigenza che già i Padri Conciliari manifestarono.

Il decreto Presbyterorum Ordinis, infatti, recita: "A questo scopo potrà essere utile la creazione di seminari internazionali, peculiari diocesi o prelature personali, e altre istituzioni del genere, cui potranno essere ascritti o incardinati dei presbiteri per il bene di tutta la Chiesa, secondo norme da stabilirsi per ognuna di queste istituzioni, e rispettando sempre i diritti degli ordinari del luogo". Anche San Paolo VI ne parlò nel motu proprio Ecclesiae Sanctae al punto 4. Si tratta di realtà che possono donare ricchezza alla Chiesa e questa previsione rappresenta la prova della sensibilità con la quale la Chiesa risponde alle particolari necessità pastorali ed evangelizzatrici del nostro tempo.

S.I.

Silere non possum

Intervista di Abc al Santo Padre Francesco

Martedì 13 dicembre 2022 

Santo Padre, Lei parla spesso a coloro che sono lontani dalla Chiesa. Non è preoccupato che coloro che sono più vicini possano sentirsi trascurati?

Se sono bravi, non si sentono trascurati. Se hanno qualcosa di seminascosto, che nemmeno loro conoscono, sono come il figlio maggiore nella parabola del figliol prodigo: "Ti ho servito per tanti anni, e ora ti occupi di lui, e non mi dai retta". È un peccato brutto, di ambizione nascosta, di voglia di apparire, di essere presi in considerazione (così si potrebbe interpretare). È un po' come vivere l'appartenenza alla Chiesa come un luogo di promozione.

Questo dualismo tra chi è lontano e chi è vicino può anche essere classificato come visione progressista ed essenzialista. Il suo pontificato ha ormai dieci anni e una delle critiche che le sono state rivolte è che lei ha posto molta enfasi sui settori, per così dire, svantaggiati, mentre i settori più tradizionali sentono una certa mancanza di comprensione. La colpisce in qualche modo il fatto che alcune correnti storicamente più vicine alla Chiesa ritengono che non si presti la stessa attenzione alle questioni dottrinali?

L'attenzione rimane la stessa. A volte ci sono posizioni di fede immature, che non si sentono sicure e sono legate a una cosa, si aggrappano a ciò che è stato fatto prima. Il problema non è la tradizione. La tradizione è fonte di ispirazione. La tradizione è la nostra radice che ci fa crescere e ci fa andare avanti e crescere e crescere verticalmente. Il problema è andare indietro.

In che senso?

In italiano lo chiamo "indietrismo": "No, è meglio essere come prima", "è più sicuro", "non correre rischi". Questa marcia indietro. E la Lettera agli Ebrei dice: "Non siamo gente che va indietro, ma in avanti". Il peccato di andare indietro per sicurezza. E credo che questo accada nella Chiesa.

Per paura del presente o del futuro...

Il futuro. Un musicista diceva che la tradizione è la garanzia del futuro. E ancora, che la tradizione è la fede viva dei morti, ma il tradizionalismo è la fede morta dei vivi. La tradizione deve tirarti su, ti fa crescere.

Ortega y Gasset scriveva che il passato gli piaceva proprio perché era il passato, e il problema è con chi vuole trasformare il passato in presente.

Il passato ispira il presente. Intendo dire che il tentativo di impacchettare tutto non funziona. La fede si sviluppa, cresce e cresce la morale, ma naturalmente non in tutti i sensi. Vincenzo di Lerins diceva che questo sviluppo deve essere "ut annis consolidetur, dilatetur tempore, sublimetur aetate". Cioè, in modo tale che crescendo si consolida, diventa più ampio con il tempo e molto più fine con gli anni.

Quando era cardinale ha detto: "Cerco di essere fedele alla Chiesa, ma sempre aperto al dialogo".

Senza un orizzonte non si può vivere. Dovete avere le radici della fede ben radicate, ma con un orizzonte di crescita. Altrimenti non ci sarebbe libertà, né libertà cristiana.

A febbraio ricorreranno anche i dieci anni dalle dimissioni di Benedetto XVI.

Lo visito spesso e vengo edificato dal suo sguardo trasparente. Vive in contemplazione... Ha un buon senso dell'umorismo, è lucido, molto vivace, parla piano ma segue la conversazione. Ammiro la sua intelligenza. È un grande uomo.

Che cosa apprezza di più di Benedetto?

È un santo. È un uomo di alta vita spirituale.

Quando vediamo le recenti foto di Benedetto, a 95 anni, sorge l'inevitabile riflessione che sarebbe stato molto difficile per lui governare la Chiesa se non si fosse dimesso.

Le previsioni sono sempre ingannevoli, quindi non le faccio…

Avete intenzione di lasciare lo status di Papa emerito legato e ben definito?

No. Non l'ho toccato affatto, né mi è venuta l'idea di farlo. Deve essere che lo Spirito Santo non ha interesse a che io mi occupi di queste cose.

Avete inserito diverse donne in posizioni elevate, ma non c'è ancora nessuna come numero uno di un dicastero...

È vero. Ma ci sarà. Ne ho in mente uno per un dicastero che si renderà vacante tra due anni. Nulla impedisce a una donna di guidare un dicastero in cui un laico può essere prefetto.

Da cosa dipende?

Se si tratta di un dicastero di natura sacramentale, deve essere presieduto da un sacerdote o da un vescovo. Anche se si discute se l'autorità provenga dalla missione, come sostiene il cardinale Ouellet, o dal sacramento, come sostiene Rouco Varela. È una bella discussione tra cardinali, una questione che i teologi continuano a discutere.

Benedetto XVI ha iniziato a incontrare le vittime di abusi e Lei ha continuato. Immagino che questa sia la parte più difficile del Suo compito.

È molto doloroso, molto doloroso. Si tratta di persone che sono state distrutte da colui che avrebbe dovuto aiutarle a maturare e a crescere. È molto difficile. Anche se ci fosse un solo caso, è mostruoso che la persona che dovrebbe condurli a Dio li distrugge lungo il cammino. E non è possibile alcun negoziato.

Dopo uno di questi incontri, ha deciso di riaprire un caso di abuso in Spagna, nella scuola di Gaztelueta.

La vittima mi ha raccontato la sua storia e che non aveva ricevuto risposta dal processo vaticano. Sono venuto qui e l'ho fatto controllare. C'era stato un processo, ma poiché c'era stata una sentenza civile, si erano accontentati di quella e non avevano proceduto. Ho quindi nominato un tribunale, presieduto dal vescovo di Teruel, e le cose sono in corso. Non so dirvi a che punto sia, ma so che è in buone mani. Ma non è l'unico ad essere stato riaperto. C'è un altro caso di un sacerdote spagnolo. Il processo era stato avviato, ma lui si era smarrito. L'ho trasmessa alla Rota spagnola. E il presidente della Rota sta portando avanti la questione. Li abbiamo riaperti senza alcuno scrupolo.

Pensa che la società percepirà che la Chiesa sta finalmente agendo con decisione per eliminare e perseguire i casi di abuso? Pensa che la Chiesa sarà "perdonata"?

Il fatto che stiamo camminando su questo è un buon modo. Ora, non dipende solo da noi se il perdono sarà raggiunto o meno. Ma c'è una cosa che voglio dire. Dobbiamo interpretare i problemi con l'ermeneutica del loro tempo. Come facciamo con la schiavitù. A quel tempo si discuteva se gli schiavi avessero o meno l'anima. È ingiusto giudicare una situazione antica con l'ermeneutica di oggi. L'ermeneutica di un tempo era quella di nascondere tutto, come purtroppo si fa oggi in alcuni settori della società, come le famiglie e i quartieri.

Ha una spiegazione per gli insabbiamenti del passato?

È un progresso dell'umanità che sta diventando sempre più consapevole di questioni morali che non devono rimanere tali. Sta diventando sempre più consapevole. E questo è stato il coraggio di Benedetto. Secondo le statistiche, tra il 42 e il 46% degli abusi avvengono in famiglia o nel vicinato e vengono insabbiati. Lo facevamo anche noi, fino a quando non sono scoppiati gli scandali a Boston, intorno al 2002. Perché? La mia spiegazione è questa: non c'è abbastanza forza per affrontarli. Capisco che non sappiano come affrontarli, ma non li giustifico. Prima la Chiesa li ha coperti, poi ha avuto la grazia di allargare lo sguardo e di dire "no", fino alle ultime conseguenze.

Non vi sentite frustrati quando vedete che i progressi sono lenti in questa battaglia?

Vedo che purtroppo è un male molto grande, e che lo stiamo affrontando "un po' alla volta"... Stiamo facendo questi passi, grazie a Dio. Ma c'è un punto degli abusi che per me rimane un mistero.

Qual è?

La pedopornografia, prodotta in diretta. Dove viene prodotta? In quale Paese? Chi lo sta coprendo? A questo punto dovremmo richiamare l'attenzione dei responsabili della società sul fatto che i gruppi che filmano la pornografia infantile continuano a operare sotto quale copertura? È un grido di aiuto.

Cosa dice a coloro che vedono la loro fede scossa quando vengono alla luce nuovi casi?

È positivo che siate rimasti scioccati da questa situazione. Vi spinge ad agire per prevenirlo, a fare la vostra parte. Non mi fa paura.  Se la fede è scossa, è perché è viva. Altrimenti non si sentirebbe nulla.

Immagino che sulla scrivania del Papa arrivino domande di ogni tipo, che lo costringono a prendere una grande varietà di decisioni. Che consiglio darebbe ai suoi successori?

Direi loro di non fare gli errori che ho fatto io, punto e basta.

Ci sono molti errori?

Sì, ci sono, sì.

Colpisce il fatto che Lei ha scelto nuovi cardinali provenienti da ambienti molto diversi, che si conoscono poco l'uno con l'altro. Non crede che questo renderà più difficile il lavoro dei futuri conclavi?

Naturalmente, da un punto di vista umano. Ma è lo Spirito Santo che vi opera. C'è stato qualcuno, non so chi, che ha proposto che l'elezione del nuovo Papa avvenga solo con i cardinali che vivono a Roma. È questa l'universalità della Chiesa?

Papa Francesco, una domanda delicata: cosa succede se un pontefice è improvvisamente impedito da problemi di salute o da un incidente? Non sarebbe opportuna una norma per questi casi?

Ho già firmato le mie dimissioni. Era Tarcisio Bertone, il Segretario di Stato. Le ho firmate e gli ho detto: "In caso di impedimento per motivi di salute o altro, ecco le mie dimissioni". L'avete capito. Non so a chi l'abbia data il cardinale Bertone, ma io l'ho data a lui quando era Segretario di Stato.

Paolo VI aveva scritto le sue dimissioni in caso di impedimento permanente.

Esatto, e anche Pio XII, credo.

Non lo aveva mai detto prima.

È la prima volta che lo dico.

Vuole che si sappia.

Ecco perché lo dico. Ora qualcuno andrà a chiedere a Bertone: "Dammi il foglietto" (ride). Probabilmente l'ha consegnata al cardinale Pietro Parolin, il nuovo Segretario di Stato. L'ho data a Bertone come Segretario di Stato

Come possiamo interpretare i cambiamenti che ha richiesto all'Opus Dei?

Non si tratta solo dell'Opus Dei, ma anche delle prelature personali. Nello schema della Curia, l'Opus Dei dipendeva dalla Congregazione dei Vescovi, ma nel Codice di Diritto Canonico le prelature sono inquadrate diversamente e i criteri dovevano essere unificati. La questione è stata studiata e si è detto "che la prelatura vada alla Congregazione del Clero". L'ho fatto dialogando con loro. Inoltre, sono amico di Mariano Fazio (vicario generale dell'Opus Dei) dall'Argentina. Era una cosa serena e normale fatta da canonisti, anche i canonisti dell'Opus Dei hanno lavorato al processo.

La decisione ha avuto molta eco.

Alcuni hanno detto: "Finalmente il Papa ha dato all'Opus Dei...! E altri, invece, dicevano: "Ah, il Papa ci invade! Niente di tutto questo. La misura è un trasferimento che doveva essere risolto. Non è giusto aggravare la cosa, né renderli vittime, né renderli detenuti che hanno ricevuto una punizione. Per favore. Sono un grande amico dell'Opus Dei, lo amo molto e lavora bene nella Chiesa. Il bene che fanno è molto grande.

 

Lei ha ordinato un'indagine sui seminari in Spagna: cosa l'ha provocata?

Non è un'indagine. Si tratta di una normale visita della Congregazione del Clero per vedere come funzionano le cose, sempre con l'intenzione di aiutare, non di ispezionare per dare fastidio. Non è l'unico Paese in cui questo è stato fatto. Probabilmente viene fatto su richiesta di alcuni vescovi, non lo so. È condotta da due uruguaiani che valgono oro, tra i migliori dell'America Latina.

Che cosa andranno a revisionare?

La domanda è come deve essere la struttura di un seminario. Per esempio, se siete tre ragazzi, questo non è un seminario. Un seminario deve avere un numero minimo e un numero massimo di seminaristi... Devono avere una disciplina, ecc.

Quale documento di questi 10 anni vorrebbe lasciare in eredità?

Il primo che ho fatto, "Evangelii gaudium", perché veniva dal mio cuore. Non è originale, è un plagio della "Evangelii nuntiandi" di Paolo VI, che è ancora valida, e del "Documento di Aparecida" dell'episcopato latinoamericano.

Viene applicato?

Una delle cose che continua a preoccuparmi è il modo in cui viene tenuta l'omelia nelle parrocchie, perché il più delle volte si trasforma in lunghe e teoriche lezioni di filosofia e teologia. Siamo molto in ritardo nel realizzare ciò che il Signore vuole nelle omelie. Si tratta di un conto in sospeso che abbiamo con i nostri fedeli.

 

Avete cambiato la cultura cattolica, il modo di essere cattolici?

Non ci avevo mai pensato. Penso che un buon cattolico, soprattutto se appartiene a un movimento o a un gruppo, cambi sempre la cultura. Perché porta speranza e una strada da percorrere. E poi la cultura cresce.

La vostra scommessa per questa fase del pontificato è il "Sinodo sulla sinodalità", che non è facile da spiegare.

L'idea è di mostrare: "Un sinodo è questo". Un sinodo non è un sondaggio d'opinione, non è un'"intervista" al popolo, non è un parlamento. Il protagonista è lo Spirito Santo, e se non c'è, non c'è sinodo.

Gli ultimi sinodi sono stati circondati da controversie.

Negli ultimi due sinodi c'è stata un'atmosfera creata dai media. Hanno detto che il primo, sulla famiglia, riguardava la comunione ai divorziati. In realtà, si trattava di una cosa molto più grande che includeva la possibilità di una cura pastorale per i divorziati in senso lato. E il sinodo in Amazzonia, hanno detto, riguardava l'ordinazione di uomini sposati. Lo Spirito Santo ha preso una direzione diversa.

In che senso?

Lo Spirito Santo agisce in due fasi. Prima mette in disordine, agita le cose e poi porta l'armonia. Chi vuole creare armonia senza essere aperto ai carismi non è dello Spirito. Chi cerca solo la differenza senza armonia non è dello Spirito. L'armonia non è la maggioranza o la minoranza dei voti.

Siete in pace con la Chiesa cattolica in Germania?

Non mi toglie la pace. Ho scritto loro una lettera chiara. L'ho scritto da solo. Mi ci è voluto un mese. Era una lettera come per dire "riflettete, fratelli".

 

Cosa direbbe a chi si stupisce della sua cordialità con importanti figure della sinistra?

Sono cordiale con tutti perché sono tutti figli di Dio. Se iniziassi a selezionare le persone a priori, sarei un uomo morto. Sono il pastore di tutti.

Lei sa che in Spagna uno dei cliché storici di una certa sinistra è stato l'anticlericalismo, ricorrente, ad esempio, quando si tratta di chiedere una revisione del concordato.

La parola anticlericalismo è usata in modo ambiguo e voglio chiarirla. Il clericalismo è una deformazione, una malattia grave, un peccato più che un difetto: non sei più il pastore, sei lo stato clericale. In questo senso, essere anticlericali è un onore. Ma capisco che per anticlericalismo lei intenda il rifiuto di tutto ciò che è in qualche modo religione.

Proprio così.

Quando ho letto alcuni eventi della guerra civile spagnola, non si trattava solo di anticlericalismo. Che colpa potevano avere quelle povere suore che venivano fatte a pezzi e torturate? Quegli eventi storici riflettevano che c'era un odio verso la fede, verso il cristianesimo. Ma non dimentichiamo che in ogni conflitto ci sono eccessi da entrambe le parti. Purtroppo, l'altra parte non ha gettato su di loro l'acqua santa.

Durante la Transizione, gli spagnoli hanno compiuto un grande sforzo di riconciliazione, senza dimenticare, per superare i terribili errori del passato. Quarant'anni dopo, molti nipoti di quegli spagnoli sembrano decisi a riaprire le ferite.

Lo dico con cautela, ma è tutta una storia dalla quale sembra che la Spagna non si sia ancora ripresa. Perché continua a ripresentarsi. In quel periodo di superamento, c'è stato un presidente di grande valore, Adolfo Suárez, che ha aiutato nella Transizione. Ho seguito quel periodo e ho pensato che fosse un buon periodo. Mi dispiace che questo sia stato rispolverato. In ogni caso, accolgo persone di destra e di sinistra. Se vengono qui, li accolgo con piacere. Non chiudo la porta a nessuno.

Riceve molti visitatori?

Qui ho ricevuto comunisti, socialisti, cattolici praticanti, di centro, democratici... E quando il capo del governo spagnolo è venuto qui con il suo gabinetto, per non dare adito a fraintendimenti, li ho salutati in diretta per tutta la Spagna. In modo che potessero vedere dal vivo come l'ho accolto.

Cominciamo a considerare quasi impossibile un viaggio di Francesco in Spagna.

La mia prima scelta è stata quella di visitare i Paesi più piccoli d'Europa. Non sono stato in nessun grande paese d'Europa. Ero a Strasburgo, ma non per la Francia, bensì per visitare le istituzioni dell'Unione europea. Forse l'anno prossimo andrò a Marsiglia per l'Incontro del Mediterraneo, ma non per la Francia.

Che ne dice di un viaggio a Melilla?

Non mi è ancora venuto in mente.

Ha fatto alcune dichiarazioni sulla Spagna che hanno creato molta confusione e fraintendimenti, quando ha detto che sarebbe venuto «quando ci sarebbe stata la pace e si sarebbero messi d'accordo», in coincidenza con la minaccia secessionista in Catalogna. A chi si riferiva? Agli spagnoli, ai loro politici o alla stessa Chiesa spagnola?

Credo sia stato uno sfogo spontaneo, una risposta informale in un corridoio dell'aereo. Non ricordo... ma mi riferivo a tutti. Anche alla Chiesa spagnola, che è spagnola ed è la Spagna.

In che misura è soddisfatto della Chiesa spagnola che ha seguito le linee principali del suo pontificato?

Sono buoni vescovi, sono pastori, e se ci sono dei "buoi con le corna", beh, ce ne sono sempre in ogni famiglia. Ma sono felice, posso parlare chiaramente con loro.

Ma pensa che lo slancio sia sufficiente?

Penso di sì, in generale. L'altro giorno sono venuti i seminaristi della Catalogna e ho visto uomini normali, con serie preoccupazioni. Non erano stupidi. Con questi seminaristi le cose stanno andando bene. La Spagna sta andando avanti. Ci sono problemi, come ovunque, ad alcuni vescovi è stato chiesto di andarsene, ma questo accade in ogni Paese. Il presidente dell'episcopato (il cardinale Juan José Omella) merita tutto il rispetto, è un gentiluomo.

A proposito, visto che parla di Catalogna, quale dovrebbe essere il ruolo della Chiesa in questa vicenda?

La Spagna non è l'unico caso al mondo. Ogni Paese deve trovare la propria strada storica per risolvere questi problemi. Non esiste un'unica soluzione. Alcune aree hanno ottenuto status preferenziali per risolvere questi problemi, mentre in altre ci sono state delle divisioni ed è nato un nuovo Paese. È questo il momento della soluzione definitiva per la Catalogna? Non lo so. Questo lo dovete dire voi. Un paio di anni fa abbiamo visto il coraggio di due primi ministri nel risolvere il problema della Macedonia, la Macedonia del Nord. In Italia abbiamo un'area a nord, l'Alto Adige, con un proprio statuto, una parlata tedesca e una italiana... Gli inglesi hanno risolto le domande della Scozia "alla maniera inglese".

La Catalogna gode già di un'autonomia giuridica molto ampia e il problema è che una parte molto importante della popolazione rifiuta il movimento secessionista.

Ma questo non è un problema originale. Questo è accaduto nel corso della storia e nella storia contemporanea, e molte volte in altri Paesi è stato risolto totalmente o parzialmente. Potrebbero volerci anni o decenni per risolverlo. Ma trovate un modo per risolverlo.

La Chiesa deve svolgere un ruolo o deve ritirarsi dalla Catalogna?

La Chiesa deve incarnarsi. Se non è incarnato non va bene, deve accompagnare il suo popolo. Ciò che la Chiesa non può fare è propagandare da una parte o dall'altra, ma accompagnare il popolo affinché possa trovare una soluzione definitiva.

Questo ha portato talvolta a conflitti con i sacerdoti che incoraggiano l'indipendenza. Anche nei Paesi Baschi, un tempo, alcuni sacerdoti hanno dato copertura al terrorismo.

Purtroppo, quando l'identità sacerdotale si smarrisce un po’, entra in politica. Quando il prete entra in politica, non va bene... Tu sei un pastore. Devi aiutare le persone a fare buone scelte. Accompagnare. Ma non diventare un politico. Se vuoi fare politica, lascia il sacerdozio ed entra in politica.

Come possono collaborare al meglio Spagna e America Latina in questa fase storica?

Non saprei come, ma so che quando si parla di collaborazione con l'Europa, la Spagna è certamente al primo posto. Per l'America Latina, la Spagna è ancora la madrepatria. L'immigrazione italiana o jugoslava non è la stessa cosa dell'immigrazione spagnola. Gli spagnoli arrivano in America con i tacchi a terra, in senso positivo. Questo deve essere sempre ricordato.

In Spagna, la reinterpretazione negativa della storia della Scoperta dell'America fa male.

L'ermeneutica per interpretare un evento storico deve essere quella del suo tempo, non quella attuale. È ovvio che lì sono state uccise delle persone, è ovvio che c'è stato uno sfruttamento, ma anche gli indiani si sono uccisi a vicenda. L'atmosfera di guerra non fu esportata dagli spagnoli. E la conquista apparteneva a tutti. Distinguo tra colonizzazione e conquista. Non mi piace dire che la Spagna ha conquistato. È discutibile, quanto volete, ma ha colonizzato. Se si leggono le direttive dei re spagnoli dell'epoca su come dovevano agire i loro rappresentanti, nessun re di nessun altro Paese fece tanto. La Spagna entrò nel territorio. La Spagna entrò nel territorio, gli altri Paesi imperiali rimasero sulla costa. La Spagna non ha fatto pirateria. Bisogna tenerne conto. E dietro a questo c'è una mistica. La Spagna è ancora la Madrepatria, cosa che non tutti i Paesi possono dire.

Cosa possono fare insieme Spagna e America Latina per evitare populismi e polarizzazioni?

Dobbiamo distinguere tra populismo e popolarismo. Il populismo è quando un'idea riunisce un popolo e lo sistematizza sotto un'unica idea. Hitler l'ha fatto. Il populismo è dittatoriale. Il fascismo e il nazismo sono populismi che nascono e finiscono male.

E che dire del popolarismo?

Il popolarismo è il governo popolare di tutti. È quando il popolo si esprime con i suoi valori migliori, storici e folcloristici. Non è che i camionisti prendano il potere, ma che i valori del popolo siano presenti. Il meglio che il popolo ha è la sua storia e la sua politica. Il populismo, invece, introduce un'idea e raggruppa il popolo sotto questa idea... Il populismo tende alla pulizia etnica di un certo settore. Sono selettivi.

Questo significa che i popolarismi sono buoni?

Il popolarismo può anche portare a leader "chantapufi" [una persona poco seria, ndr] che approfittano dell'occasione e ingannano il popolo. C'è un libro di un redattore del giornale comunista "L'Unità". Si chiama "Sindrome del 1933" e racconta come dopo la caduta della Repubblica di Weimar nel 1932 inizi un processo di ricerca di leader. E in questo, Von Papen introduce un giovane ragazzo, Adolfito, che inizia a prendere il potere. E mostra quali passi compie per consolidare questa idea populista. È un monito per l'Europa di oggi: "Attenti a questo"...

Alcune voci in America Centrale chiedono al Vaticano di essere più incisivo contro regimi totalitari come Ortega in Nicaragua o Maduro in Venezuela. Perché il Vaticano è così cauto?

La Santa Sede cerca sempre di salvare i popoli. La sua arma è il dialogo e la diplomazia. La Santa Sede non se ne va mai. Viene espulso. Cerca sempre di salvare le relazioni diplomatiche e di salvare ciò che può essere salvato con pazienza e dialogo.

Cosa pensa del caso di Lula, nuovo presidente del Brasile dopo essere stato processato e incarcerato?

È un caso esemplare. Il processo è iniziato con notizie false sui media che hanno creato un ambiente che ha favorito il processo. Il problema delle fake news sui dirigenti politico-sociali è molto serio. Possono distruggere una persona.

Ma Lula è stato condannato per corruzione passiva e ha trascorso 580 giorni in carcere e non ha potuto candidarsi alle elezioni del 2018. Nel 2021, la Corte Suprema ha annullato le sentenze perché chi lo ha processato non aveva giurisdizione.

Non so come sia andata a finire. Non dà l'impressione di essere un campo di gioco equo. E a questo proposito, guardatevi da coloro che creano l'atmosfera per un processo, qualunque esso sia. Lo fanno attraverso i media in modo tale da influenzare coloro che devono giudicare e decidere. Un processo deve essere il più pulito possibile, con tribunali di prima classe che non hanno altro interesse che salvare la pulizia della giustizia. Questo caso in Brasile è storico, non mi occupo di politica. Racconto quello che è successo.

Lei ha parlato più di cento volte contro la guerra in Ucraina.

Facciamo quello che possiamo. Non ascoltano. Ciò che sta accadendo in Ucraina è terrificante. C'è un'enorme crudeltà. È una cosa molto seria. E questo è ciò che denuncio continuamente.

Lei cerca di svolgere il ruolo di mediatore, ma c'è chi, da entrambe le parti, critica le sue parole.

Ricevo tutti qui. Ora Volodymir Zelenski mi ha mandato per la terza volta uno dei suoi consiglieri religiosi. Sono in contatto, ricevo, aiuto...

Spera in una fine a breve termine?

Non vedo una fine a breve termine perché è una guerra mondiale. Non dimentichiamolo. Ci sono già diverse mani coinvolte nella guerra. È globale. Credo che una guerra venga combattuta quando un impero inizia a indebolirsi. E quando ci sono armi da usare, da vendere e da testare. Gli interessi sono molteplici.

Come sta il ginocchio? Sto già camminando, la decisione di non operarmi si è rivelata giusta. La trovo molto bene... (Ride) Sì, ho già raggiunto l'età in cui si deve dire “Ma come stai bene!”. Quando la vidi sulla sedia a rotelle pensai che l'agenda si sarebbe ridotta, invece si è triplicata. Si governa con la testa, non con il ginocchio. Il 13 marzo festeggerà dieci anni da Papa. La sua elezione ci ha colti tutti di sorpresa. Anche a me. Avevo prenotato il biglietto per tornare a Buenos Aires in tempo per la domenica delle Palme. Ero molto calmo. Come ha imparato a essere Papa? Non so se ho imparato o meno... La storia ti coglie dove sei. Cosa trova più difficile dell'essere Papa? Non poter camminare per strada, non poter uscire. A Buenos Aires ero molto libero. Usavo i mezzi pubblici, mi piaceva vedere come si muovevano le persone. Ma lei vede ancora molte persone... Il contatto con le persone mi ricarica, per questo non ho cancellato neanche un’udienza del mercoledì. Ma mi manca uscire per strada perché ora il contatto è funzionale. Vanno "a vedere il Papa", quella funzione. Quando uscivo per strada, non sapevano nemmeno che fossi il cardinale. Qui a Santa Marta vede molte persone. Alcuni sembra che se ne approfittino e facciano intendere di essere amici del Papa per i propri interessi.  Sei o sette anni fa un candidato argentino venne a Messa. Hanno scattato una foto fuori dalla sacrestia e gli ho detto: “Per favore, non la usare politicamente”. “Può star tranquillo”, mi ha risposto. Una settimana dopo, Buenos Aires fu tappezzata di quella foto, ritoccata per far sembrare che si trattasse di un’udienza personale. Sì, a volte mi usano. Ma noi usiamo Dio molto di più, quindi sto zitto e vado avanti. Deve anche essere difficile il fatto che venga calibrata ogni parola che lei pronuncia. A volte lo fanno con un'ermeneutica previa a ciò che ho detto, per portarmi dove vogliono che vada. “Il Papa ha detto questo”... Sì, ma l'ho detto in un determinato contesto. Se la si toglie dal contesto significa un'altra cosa. Nessun Papa ha mai fatto conferenze stampa o interviste parlando così liberamente. I tempi cambiano. Quale regalo chiederebbe per questo Natale? La pace nel mondo. Quante guerre ci sono nel mondo! Quella in Ucraina ci tocca più da vicino, ma pensiamo anche al Myanmar, allo Yemen, alla Siria, dove si combatte da tredici anni…

Il testo originale è consultabile sul sito del quotidiano Abc